Torino, poliziotto contro il pm che ha liberato il senegalese che lo ha aggredito: “Vicenda vergognosa”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Aprile 2019 - 11:20 OLTRE 6 MESI FA
torino poliziotto

Torino, poliziotto contro il pm che ha liberato il senegalese Ndiaye Migui: “Vicenda vergognosa”

TORINO – Accuse contro il magistrato che aveva fatto rilasciare Ndiaye Migui, il senegalese che a Torino aveva aggredito due poliziotti con una spranga di ferro. La denuncia arriva dalla pagina Facebook “Parole in Giacca Blu”, dove è stato pubblicato un lungo post del capo pattuglia che quel 29 marzo ha arrestato il senegalese.

“Buongiorno a tutti, sono il capo pattuglia che ha arrestato il senegalese il 29 marzo, ci tengo a descrivere il resto dei fatti se questo può essere un elemento utile perché andiate a fondo di questa vergognosa vicenda. Il senegalese, in questura, pur capendo perfettamente l’italiano, si rifiutava categoricamente di declinare le proprie generalità, mettendo in atto un susseguirsi di insulti contro Salvini, la polizia e il sottoscritto. Messa in opera un’azione di convincimento verbale con tutta la gentilezza di questo mondo, mia e del collega — spiega l’agente — l’egregio senegalese all’atto del foto-segnalamento ha pensato bene di opporsi al rilievo delle sue impronte, beffeggiando divertito me e il colleg. Bloccato per un braccio dal mio autista, ha reagito stampandogli una manata in faccia”, precisa il poliziotto, che sottolinea come, dopo l’arresto, “il pm di turno, ritenendo i fatti di lievissima gravità, nonostante venisse rappresentata la problematica dell’impossibilità di risalire alla sua identità e del procedere al foto-segnalamento, e di essere quindi impossibilitati a garantire all’autorità giudiziaria il profilo giuridico di questa persona, rispondeva: “Non mi importa quanto tempo ci mettiate, provate a convincerlo” finché non cederà alle vostre richieste”.

“Ricordandogli che il soggetto era in stato di arresto e ribadendo che non c è stato verso di foto-segnalarlo si richiedeva la possibilità di procedere coattivamente ai rilievi”, aggiunge l’agente, che riporta la risposta del pm: “Non autorizzo alcun atto di violenza e contrario alla volontà di questa persona: questa si chiama tortura”. “Allibiti da tali parole — conclude il capo pattuglia — e perplessi per il totale menefreghismo del pm circa il suo totale disinteresse in merito ai fatti occorsi, si rimaneva di stucco quando a conclusione della telefonata disponeva l’immediata liberazione. Tali disposizioni, seguite alla lettera, hanno creato sdegno e l’ormai conclamato senso di impotenza davanti a tali abusi”, rimarca il poliziotto, che ricorda: “Il risultato è stato otto punti di sutura al collega che stava facendo il suo lavoro in un giorno di festa. Rimango a disposizione per qualsiasi informazione o chiarimento, se può essere d’aiuto nell’alzare un grido di protesta contro questa vicenda nel rispetto dei colleghi feriti e del nostro lavoro”.

Parole che sono state messe in rete il 24 aprile, e non sarebbero piaciute ad alcuni magistrati – scrive il Corriere della Sera, che considererebbero “sconveniente” che un appartenente alla polizia, “la principale alleata della Procura”, contesti l’operato di un pm. (fonte FFACEBOOK – CORRIERE.IT)