Torpignattara: uccise Shahzad a calci, Cassazione conferma

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Aprile 2015 - 18:16| Aggiornato il 13 Gennaio 2016 OLTRE 6 MESI FA
Torpignattara: uccise Shahzad a calci, Cassazione conferma arresto minorenne

Un volantino con la foto della vittima, Muhammad Shahzad Khan, di sua moglie e del figlioletto di pochi mesi (Blitz quotidiano)

ROMA – Istigato dal padre uccise a pugni e calci il ventottenne pakistano Muhammad Shahzad Khan: la Cassazione ha confermato l’arresto del diciassettenne romano D.B., detenuto dalla notte del 18 settembre 2014 e successivamente trasferito in comunità. L’omicidio avvenne in via Lodovico Pavoni, parallela di via della Marranella nella zona a est di Roma fra il Pigneto e Torpignattara.

Secondo i giudici della Cassazione la pericolosità sociale del ragazzo, rivelata dalla violenza del pestaggio inflitto alla vittima, giustifica il mantenimento della misura cautelare tanto più che l’amministrazione penitenziaria, rileva la stessa Suprema Corte, ha già provveduto ad ammettere D.B. in comunità dopo un primo periodo nel quale il minorenne è stato in carcere in seguito all’arresto dello scorso 22 settembre.

Per la Cassazione, l’aggressione di Shahzad è stato un fatto di “estrema gravità”, “realizzato” con una “eccezionale gratuita manifestazione di violenza”. I magistrati rilevano, inoltre, “l’allarmante contesto familiare che tale violenza ha addirittura innescato”. Anche il padre del diciassettenne, Massimiliano Balducci, è stato infatti arrestato il 14 ottobre con l’accusa di concorso morale nell’omicidio del pakistano aggravato dai futili motivi.

La Suprema Corte – nella sentenza 13974, udienza del 13 febbraio, depositata il 2 aprile – sottolinea che i testimoni sono stati “concordi nel ricordare che il ragazzo era stato incitato dal padre che dalla finestra della sua abitazione, dopo aver tentato lui stesso di colpire con il lancio di una bottiglia il pakistano” che secondo i giudici della Cassazione era “visibilmente ubriaco” e che “lo infastidiva con una sorta di preghiera salmodiante”. Il padre del minorenne “gli gridava frasi tipo ‘picchialo, ammazzalo'”.

Il diciassettenne, in base alle testimonianze delle persone che dalle loro case hanno assistito al pestaggio, con “violenza incredibile” aveva colpito Shahzad “facendolo rovinare a terra e continuando ad infierire su di lui con calci, per circa un minuto ancora”. Il verdetto ricorda anche che, subito dopo l’aggressione, D.B. aveva scambiato la sua maglietta con quella del padre il quale “aveva rivolto frasi minacciose ad uno dei vicini che aveva assistito al fatto e aveva tentato di raggiungere costui forzando il portone di ingresso della sua abitazione”. Questi comportamenti sono stati ritenuti indicativi del rischio di inquinamento probatorio.

Con questo verdetto la Suprema Corte – Prima sezione penale, presidente Maria Cristina Siotto, relatrice Stefania Di Tomassi – ha rigettato il ricorso dell’avvocato Carlo Pecoraro, difensore del minorenne, e ha convalidato l’ordinanza del tribunale dei minorenni di Roma del 22 settembre 2014. Dopo l’omicidio di Shahzad ci sono stati cortei e fiaccolate nel quartiere: più partecipata quella in favore del minorenne romano che quella a sostegno della vittima.

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CHI ERA MUHAMMAD SHAHZAD KHAN