Totò Riina: “Di Matteo deve fare la fine del tonno. Per questi nessuna pietà”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Gennaio 2014 - 19:40 OLTRE 6 MESI FA
Totò Riina

Totò Riina

 

Toto Riina

Toto Riina

PALERMO – Ride degli attentati passati, pregusta quelli futuri, e minaccia ancora il pm Nino Di Matteo cui dice di voler far fare “la fine del tonno”. Ma per Totò Riina, il boss mafioso di cui sono state depositate le conversazioni intercettate in carcere, Nino Di Matteo è solo uno dei tanti “anatroccoli” o “paperelle” da far saltare in aria. Paperelle di cui “non bisogna avere pietà”.

Al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia arrivano le parole intercettate all’ex capo di cosa nostra. E sono parole da brividi. Il 16 novembre, per esempio, parla con il capomafia della Sacra corona unita Alberto Lorusso e progetta un attentato a Di Matteo:

“E allora organizziamo questa cosa! Facciamola grossa e dico non ne parliamo più. Perché Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora se fosse possibile un’esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari”.  

Riina si riferisce a un attentato (fallito) al funzionario di polizia Rino Germanà. Ma il pm della trattativa, per il boss, è un’ossessione:

 “Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”

Ma le parole del boss assumono se possibile un tono ancora più lugubre quando Riina, sempre con Lorusso, scherza sull’attentato che nel 1983 causò la morte del giudice Rocco Chinnici:

“Quello là saluta e se ne saliva nei palazzi. Ma che disgraziato sei, saluti e te ne sali nei palazzi. Minchia e poi è sceso, disgraziato, il Procuratore Generale di Palermo”.  “Per un paio d’anni mi sono divertito. Minchia che gli ho combinato”. E ancora “dobbiamo prendere un provvedimento per voialtri – dice Riina come se parlasse ai magistrati -, uno che vi fa ballare la samba così che vi fa salire nei palazzi e vi fa scendere come vuole, come se fossero formiche”.

Riina chiama in causa anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:

“Questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il presidente della Repubblica” dice sempre a Lorusso Riina. Lorusso Replica: “Questo, questo prende un gioco sporco che gli costerà caro, perchè sta facendo carriera su questo processo di trattativa…Se gli va male questo processo lui viene emarginato”. E Riina: “Io penso che lui la pagherà pure… lo sapete come gli finisce a questo la carriera? Come gliel’hanno fatta finire a quello palermitano, a quello il pubblico ministero palermitano… Scaglione. A questo gli finisce lo stesso”.

Di certo Riina non rinuncia alla prospettiva di nuovi attentati. Perché, dice, “non bisogna avere pietà”:

“L’ultimo se mi riesce sarà più grosso… se mi ci metto con una bella compagnia di anatroccoli. Così chi peschiamo, peschiamo e non se ne parla più”. Il capomafia simula il suono di un’esplosione e aggiunge: “Non devo avere pietà di questi, come loro non hanno pietà”. 

Infine accuse anche all’attuale capo della mafia, quel Matteo Messina Denaro che Riina accusa di disinteressarsi della sorte sua e dei boss in cella:

 “A me dispiace dirlo, questo signor Messina Denaro, questo che fa il latitante, questo si sente di comandare, ma non si interessa di noi”. E’ il duro giudizio sul boss latitante Matteo Messina Denaro del capomafia Totò Riina che parla del padrino trapanese durante l’ora d’aria col detenuto Alberto Lorusso.    “Questo fa i pali della luce – aggiunge riferendosi al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro è coinvolto – ci farebbe più figura se se la mettesse in c… la luce”.

“Se ora ci fosse suo padre, perché suo padre era un bravo cristiano!!! – prosegue parlando del padre del latitante, Francesco Messina Denaro, che è deceduto – Era perfetto, un orologio. Il figlio lo ha dato a me per farne quello che ne dovevo fare. E’ stato 4 o 5 anni con me poi si è messo a fare luce – spiega sempre alludendo al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro avrebbe investito – e finì”.    “A noi ci tengono in galera – aggiunge – però quando siamo liberi li dobbiamo ammazzare”.    

“Intanto io ho fatto il mio dovere – conclude – ma voi continuate, non dico tutti, ma qualcuno divertitevi, una fucilata nella testa di questi cornuti”.    Dalle parole del boss traspare una sfiducia nelle nuove leve di Cosa nostra: “non sono capaci a pigliare neanche una papera”.