Trento: madre troppo povera perde il diritto al figlio dopo il parto

Pubblicato il 20 Luglio 2010 - 19:48 OLTRE 6 MESI FA

Il fatto di essere in difficolta’ economiche non ha consentito ad una giovane madre di abbracciare il figlio appena nato: subito dopo il parto le e’ stato sottratto dal Tribunale per i minorenni di Trento in esecuzione di una procedura di adottabilita’. Il caso e’ stato reso noto oggi dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del Tribunale, che attacca il meccanismo con cui i giudici dei minori applicano la sospensione della potesta’ genitoriale.

”La giovane, senza problemi di tossicodipendenza e con un reddito mensile di 500 euro, nonostante le fosse stata proposta la sospensione della gravidanza, ha scelto di partorire chiedendo un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non sarebbe stato in grado di mantenere”, dice il dottor Raspadori. ”A questo punto pero’ il Tribunale, senza interpellarla, ha dato avvio alla procedura di adottabilita’, levandole il figlio alla nascita. Dimostrando come in alcuni casi al giustizia sa essere davvero tempestiva”. Solo dopo un mese – prosegue Raspadori – la giovane si e’ potuta incontrare con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle ‘capacita’ genitoriali’ della madre.

”Una beffa, perche’ in questo modo la ragazza, cui e’ stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedra’ il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell’attaccamento, con relativo allattamento e svezzamento, e della giustizia per il minore”. Secondo il dottor Raspadori, ”i procedimenti con cui il Tribunale dei minorenni separa i bambini dalle madri in nome dell’incapacita’ genitoriale sono un abuso scientifico”.

”L’affidamento a terzi di un minore e’ un’ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi” sottolinea Raspadori, il quale ricorda come fino a qualche anno fa le cause di allontanamento di un minore dalla sua famiglia era abusi sessuali e violenze, che in Trentino nell’ultimo anno hanno rappresentato il 5% dei casi. ”Negli altri casi – dice Raspadori – pretendere di misurare e giudicare la qualita’ dell’amore materno senza tenere conto della naturale visceralita’ del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie e vere e proprie crudelta’. Dichiarare una madre ‘incapace’ e sottrarle il figlio e’ lacerante ben piu’ della galera, molto piu’ vicino a una pena di morte”.

Il Tribunale dei minori – secondo lo psicologo – in nome della sacra difesa dei diritti dei minori toglie qualsiasi diritto e garanzia ai genitori: ”il giudice non e’ super partes, e’ al contempo organo giudicante e assume di fatto le vesti di difensore del minore. Con la conseguenza che la voce del genitore viene disattesa e neppure ascoltata”.