Truffa a giornalisti e ragionieri. Giorgio e Luca Magnoni processo o patteggiano

Pubblicato il 3 Dicembre 2014 - 11:22 OLTRE 6 MESI FA
Truffa a giornalisti e ragionieri. Giorgio e Luca Magnoni processo o patteggiano

Giorgio Magnoni. Con il figlio Luca è stato rinviato a giudizio immediato. Forse patteggeranno

MILANO – Giudizio immediato per Giorgio Magnoni e il figlio Luca Magnoni, nell’ambito dell’inchiesta su Sopaf.

Lo ha stabilito il gip di Milano Donatella Banci Bonamici ha accolto la richiesta di avanzata dal pm Gaetano Ruta per Giorgio Magnoni e il figlio Luca, nell’ambito dell’inchiesta su Sopaf.

In una tranche dell’inchiesta sulla Sopaf, ricorda l’agenzia di stampa Ansa,

“è indagato anche il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi), Andrea Camporese che ha sempre respinto le accuse.

Il processo è stato fissato per il prossimo 8 gennaio davanti alla prima sezione penale del Tribunale. Non è escluso, però, che i due imputati scelgano il patteggiamento”.

Giorgio e Luca Magnoni erano stati arrestati nel maggio del 2014 con altre cinque persone. I reati ipotizzati a vario titolo sono associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa alle Casse dei giornalisti e dei ragionieri, e anche appropriazione indebita e frode fiscale.

I fratelli Ruggero, Aldo e Giorgio Magnoni, e il figlio di quest’ultimo, Luca Magnoni, erano stati arrestati dalla Guardia di finanza ai primi di maggio, in un’inchiesta, come si legge sul sito di Franco Abruzzo,

“che riguarda la holding di partecipazione finanziaria Sopaf. Gli indagati (compresi gli arrestati) sono 19.

I reati contestati dalla magistratura di Milano sono associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, alla truffa aggravata, all’appropriazione indebita, alla frode fiscale e al riciclaggio con l’aggravante della transnazionalità dei reati in Austria, Svizzera, Madeira, Lussemburgo, Isole Bermuda e Mauritius.

I finanzieri avrebbero accertato una distrazione di oltre 100 milioni di euro dal patrimonio della Sopaf, società in regime di concordato preventivo. I fratelli Magnoni sono personaggi noti della finanza imparentati con Michele Sindona: Ruggero è stato vice presidente Europa di Lehman Brothers, presidente di Nomura Italia (chiamata in causa, per via del derivato Alexandria, nell’inchiesta Mps) e in passato avrebbe partecipato anche alla scalata Telecom, la «madre» di tutte le Opa; Aldo Magnoni è stato l’ideatore dell’Oak Fund, al centro negli anni passati di molte illazioni, pure intervenuto nella scalata Telecom; Giorgio Magnoni e il figlio Luca sono rispettivamente amministratore delegato e consigliere della Sopaf.

Oltre ai quattro componenti della famiglia Magnoni sono stati arrestati dalla Guardia di finanza anche Andrea Toschi e Alberto Ciamperoni. Toschi è stato in passato presidente di Arner Bank e amministratore delegato della società di gestione risparmio Adenium, controllata al 100 per cento da Sopaf.

Alcuni degli indagati, attraverso la società Adenium, si sarebbero appropriati di fondi per 52 milioni di euro della Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri e periti commerciali (Cnpr); di 20 milioni dell’Enpam (medici) e di 7 milioni di euro dell’Inpgi/2 (giornalisti autonomi).

I tre istituti sono parti lese nell’inchiesta: acquisizioni di documenti per la ricerca di ulteriori prove a carico degli arrestati sono state eseguite da parte delle Fiamme gialle negli uffici di Paolo Saltarelli, presidente della Cassa di previdenza dei ragionieri, e di Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi.

I militari del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza hanno arrestato anche Gianluca Selvi, della società Hps, ritenuto dagli inquirenti personaggio chiave nell’appropriazione dei fondi, per 52 milioni di euro, della Cassa di previdenza dei ragionieri (Cnpr).

Le misure cautelari eseguite sono dunque complessivamente sette. Sono state richieste dal pm di Milano Gaetano Ruta, che ha diretto le indagini, e sono state disposte dal gip Donatella Banci Buonamici.

Gli investigatori hanno accertato che la società Adenium tramite la propria controllata lussemburghese Adenium Sicav avrebbe sottoscritto titoli per 52 milioni di euro gestiti dalla società Hps di Selvi. Il denaro, attraverso società off shore sarebbe stato trasferito su conti bancari alle isole Bermuda e Maurutius, e sarebbero poi rientrati in Italia a disposizione di alcuni degli arrestati.

Diverso il meccanismo attraverso il quale sarebbero stati truffati l’Istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi) per sette milioni di euro e anche l’ente di previdenza dei medici (Enpam) per venti milioni di euro: la Sopaf – hanno accertato i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria – che gestiva parte del patrimonio dei due istituti avrebbe acquistato quote del Fondo immobili pubblici (Fip) e li avrebbe rivenduti dopo alcuni giorni a Inpgi ed Enpam, realizzando in tal modo un profitto ritenuto penalmente rilevante.

Queste operazioni sono definite dagli inquirenti “illecite, distrattive e dissipatorie”. La Guardia di finanza ha sequestrato 60 immobili la maggior parte nel centro di Milano riconducibili agli indagati, una decina in tutto oltre agli arrestati, villette residenziali. autovetture ed ha bloccato 300 rapporti bancari (conti correnti e di deposito, dossier titoli, quote societarie) in varie parti d’Italia. (fonti; ANSA, AGI, Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera)”.

L’Inpgi aveva subito diffuso un comunicato in cui precisava:

 “In merito alla notizia, divulgata dalla stampa, della presenza della Guardia di Finanza presso gli Uffici dell’Inpgi, in relazione all’inchiesta sulla holding di partecipazione finanziaria Sopaf, l’Ente ha assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti, risalenti al febbraio 2009, oggetto di accertamento. Si sottolinea al riguardo la piena collaborazione fornita alle Fiamme Gialle”.