Tunisino Atef Mathlouthi: “Non sono terrorista, non sono nemmeno a Roma. Denuncio tutti”

di redazione Blitz
Pubblicato il 28 Marzo 2018 - 08:03 OLTRE 6 MESI FA
Parla Atef Mathlouthi, il tunisino accusato di essere un terrorista

Atef Mathlouthi nelle foto diffuse dalla polizia a Roma

ROMA – Atef Mathlouthi, il tunisino ricercato per una segnalazione su possibili attentati a Roma, è stato rintracciato da Chi l’ha visto? in Tunisia e ha rilasciato diverse dichiarazioni, smentendo prima di tutto di essere un terrorista, e annunciando denunce.

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“Non sono un terrorista, non sono latitante, la polizia tunisina mi ha interrogato tutto il giorno. Denuncio tutti!”, ha tuonato Mathlouthi. “Non sono un terrorista. Non mi interesso di politica. Voglio pagare le mie colpe in Italia. Mi piacerebbe incontrare il Papa a Roma con tutta la mia famiglia”, ha poi aggiunto l’uomo, la cui moglie vive a Palermo con i loro quattro figli.

Mathlouthi ha detto di lavorare in un bar “per mandare i soldi a mia moglie e ai bambini; dal 2012 non sono più uscito dalla Tunisia, sono a Mahdia. Ieri sono andato a lavorare e ho trovato il bar circondato dalla polizia, mi hanno detto che sono ricercato a Roma, magari mi portassero a Roma”, ha aggiunto, raccontando che gli è stato riferito della lettera anonima recapitata all’ambasciata. “Hanno fatto spaventare mia moglie e i miei figli. Mia madre è in ospedale in Francia”.

Beatrice, la moglie di Atef, italiana, si è sfogata: “Io vivo in Sicilia, io marito è in Tunisia, vive e lavora lì per mantenere i nostri figli e perché ha il permesso di soggiorno scaduto, da anni non riesce a rientrare in Italia. Così separati viviamo malissimo, abbiamo quattro bambini, vogliamo che lui rientri. Uno dei nostri figli, dopo le notizie di ieri, non mangia, si è spaventato molto e non è voluto andare a scuola. Ieri è arrivata la polizia; mi è stato detto che mio marito era ricercato a Roma; io due settimane fa sono andata a trovarlo come si vede nelle foto: l’accusa che gli viene mossa è assurda, mio marito non è a Roma”.

Secondo l’avvocato che assiste i Mathlouthi, la lettera anonima arrivata all’ambasciata che sarebbe “frutto di un contenzioso economico con il compagno della signora che ha mandato la lettera. Ma a nostro avviso non ci sono elementi per sostenere elementi del genere, è una accusa infondata. Atef ha sempre seguito le vie legali per ottenere i visti, non si è mai sottratto ai controlli di polizia, non ha nessun aggancio a Roma né interessi di alcun genere. Proveremo a dimostrare la sua innocenza: si tratta di una accusa ingiusta e diffamante”.