Uccise il fidanzato lanciando una katana, ma senza volerlo: Valentina Aguzzi condannata a 12 anni

di redazione Blitz
Pubblicato il 11 Ottobre 2017 - 19:50 OLTRE 6 MESI FA
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Uccise il fidanzato lanciando una katana, ma senza volerlo: Valentina Aguzzi condannata a 12 anni (Foto Ansa)

MILANO – Non voleva ucciderlo. E quando ha sfoderato la katana (una spada giapponese a lama ricurva molto affilata) e gli è andata contro, recidendogli l’arteria femorale, non l’ha fatto apposta. E’ quanto sostiene la Corte d’Assise di Milano, che ha condannato Valentina Aguzzi a dodici anni di carcere per omicidio preterintenzionale del suo compagno Mauro Sorboli, deceduto a Milano lo scorso marzo.

I giudici hanno accolto la richiesta del difensore e hanno stabilito che non c’è stata volontà di uccidere. Infatti, come ha anche ricostruito il pm, dopo l’ennesimo litigio, la donna, 44 anni, ha prima afferrato la spada giapponese che si trovava sopra un mobile nel loro appartamento minacciando di uccidersi e poi l’ha lanciata contro il fidanzato, che si trovava disteso sul letto. L’imputata non pensava, questa è la tesi, che si sarebbe conficcata nella gamba dell’uomo fino a 18 centimetri di profondità, provocandogli una emorragia che in meno di quindici minuti gli è stata fatale.

Da qui i 14 anni di carcere chiesti dal pm che ha ritenuto plausibile la versione raccontata da Valentina Aguzzi: una volta resasi conto che il compagno stava perdendo moltissimo sangue ed era in pericolo di vita, ha chiamato i soccorsi. Purtroppo però ogni tentativo di salvarlo è stato inutile.

“Non immaginava che Sorboli sarebbe morto – ha sottolineato il pubblico ministero – ma era accecata dalla rabbia e ha accettato le conseguenze di quel gesto, salvo pentirsene subito dopo”. Una dinamica confermata – ha ricostruito l’accusa – dalla telefonata fatta ai soccorritori subito dopo aver visto che il fidanzato era in un lago di sangue. “Era in stato di agitazione quando ha chiamato – ha sottolineato la pm – ed era sincera quando ha detto di avere lanciato il coltello”.

L’imputata, interrogata in aula, ha raccontato di avere lanciato la katana come se avesse in mano “un righello o un qualsiasi altro oggetto”. Accortasi che il compagno era ferito, gli avrebbe stretto “un asciugamano intorno alla gamba” per poi chiamare l’ambulanza. “Non credevo che sarebbe morto – ha spiegato ai giudici – pensavo che si potesse salvare”.

La Corte ha anche stabilito la sospensione della potestà genitoriale della donna, madre di due figli (di cui uno minorenne) avuti da un precedente matrimonio. Una volta espiata la condanna a 12 anni, dovrà scontare anche la libertà vigilata per tre anni.