Valentino, untore Hiv Roma per vendetta? Madre morì di Aids

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Gennaio 2016 - 11:26 OLTRE 6 MESI FA
Valentino, untore Hiv Roma per vendetta? Madre morì di Aids

(Foto d’archivio)

ROMA – Valentino T., una vendetta per la madre morta di Aids quando lui aveva 7 anni? E’ questa la motivazione che ha spinto il giovane di 31 anni, “l’untore” di Roma, a contagiare consapevolmente almeno 31 donne (e, indirettamente, due dei loro partner)?

Quel che ad oggi si sa è che deve restare in carcere perché, anche se gli venissero concessi gli arresti domiciliari, ci sarebbe il rischio che torni a infettare di nuovo qualche partner, magari avvicinata attraverso le chat online. Con questa motivazione che il Tribunale del Riesame di Roma ha respinto la richiesta di scarcerazione dell’avvocato del giovane.

Il motivo per cui Valentino, 31 anni, contagiasse le proprie partner, arrivando al punto non solo di mentire loro, ma in un caso almeno, quello di una donna che scoprì di essere sieropositiva e glielo confidò, finendo persino per incolpare proprio quelle compagne inconsapevoli ad essere state la causa del contagio.

L’unica notizia che emerge con il procedere delle indagini, che vanno avanti serrate, è che la madre di Valentino T. morì proprio di Aids e che lui sapeva di essere sieropositivo dal 2006. Nonostante questo, però, ha sempre rifiutato di curarsi con i farmaci antiretrovirali, ci informa Ilaria Sacchettoni sul Corriere della Sera, che scrive:

 

“Né imprudenza né leggerezza. Valentino T. è in grado di mentire, manipolare le persone e depistare gli investigatori. Se fosse scarcerato infetterebbe ancora, attività nella quale sembra particolarmente determinato, benché le ragioni restino ancora sconosciute.

È tutto nelle motivazioni con cui i giudici del Riesame di Roma hanno respinto nei giorni scorsi la richiesta di scarcerazione di T. L’istanza era stata presentata dal suo difensore Giuseppe Minutoli, del quale i giudici mostrano di non apprezzare la strategia. Il legale sostiene infatti che le ragazze siano state in qualche modo «disinibite complici» dell’«untore». E infatti aveva sostenuto che la prima denunciante non può dirsi certa di aver preso l’Hiv da Valentino, avendo dimostrato «una condotta scriteriata e orgiastica».

Ma, per fortuna, i giudici screditano la linea difensiva:

«Tralasciando ogni commento su un’affermazione che appare imprudente se riferita da T. si evidenzia che la vittima, donatrice fino al 2009, successivamente ha avuto rapporti sessuali, sempre protetti, solo con un ragazzo».

Scrive ancora Sacchettoni sul Corriere della Sera, riportando le motivazioni del Riesame:

«Particolarmente incline alla menzogna» T. finisce per imporre il suo virus pretendendo di far sesso senza protezione con le sue donne e sembra poco propenso a riconoscere alle stesse donne il loro diritto alle cure, mentendo anche dopo che la relazione è finita: «Le ha esposte a un ulteriore grave rischio in quanto le stesse, non avendo alcun sospetto di essere sieropositive, non facevano controlli (due di loro hanno scoperto di avere l’Hiv in seguito a una polmonite acuta apparentemente inspiegabile, ndr )» dice il Riesame.

L’ultimo caso risale all’anno scorso, quando Valentino T. conosce una ragazza su un sito internet. Ci esce, i due si baciano, ma lei non vuole avere rapporti sessuali. Una sera lui sale in casa di lei, inizia a toccarla e la spaventa. Lei riesce a mandarlo via e da allora decide di non vederlo più.

“Determinato o «compulsivo» come lo definiscono gli investigatori, T. fin quasi all’arresto ha continuato a rimorchiare sulle chat «favorito dall’agilità dei moderni strumenti di comunicazione rappresentati dagli spazi online destinati a favorire incontri per consumare rapporti sessuali». Gli arresti domiciliari sarebbero dunque per i giudici una misura inadeguata: «Sicuramente attiverebbe tutti quei contatti telefonici e telematici per avere nuovi incontri diretti a produrre nuove trasmissioni di virus dell’Hiv».