La vendemmia povera. Vino, a rischio l’annata 2012: colpa di caldo e siccità

Pubblicato il 7 Settembre 2012 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA
(Foto Lapresse)

TORINO – La vendemmia del 2012? Praticamente nulla. Colpa del caldo e della siccità record, che hanno avvizzito gli acini. A sottolineare le conseguenze dell’estate più calda dal 1900 (a parte quella del 2003) c’avevano già pensato il ministro per le Politiche Agricole, Mario Catania, e Confagricoltura, annunciando una vendemmia “tra le più basse che l’Italia ricordi”.

Ora arriva l’allarme di Angelo Gaja, uno tra i maggiori produttori di vino in Italia. Una casa fondata nel 1859, che produce i vini delle Langhe come il Barolo e il Barbaresco, ma non solo.

In una lettera al direttore della Stampa, Mario Calabresi, Gaja ricorda che la siccità record è dovuta al cambiamento climatico, che già negli scorsi anni ha colpito le vendemmie del 2007, 2008, 2009 e 2011.

Alle vendemmie scarse degli ultimi anni si aggiunge ora quella di quest’anno. Così le cantine italiane si trovano sempre più sprovviste. Le conseguenze del caldo e della siccità si scontrano con i limiti imposti ai viticoltori italiani. Gaja ricorda che nel nostro Paese se si vuole impiantare un nuovo vigneto bisogna prima averne espiantato uno, perché la superficie a vigneto non può aumentare.

Già negli ultimi sei mesi le esportazioni hanno cominciato a diminuire, anche se il calo non è preoccupante, perché riguarda solo il vino sfuso, per lo più venduto a prezzi “stracciati”.

Il vino italiano per l’export è forte oltre che della qualità del prezzo, inferiore a quello dei vini francesi e persino di quelli americani, neozelandesi, cileni e argentini. Ma naturalmente, sottolinea Gaja, se l’offerta cala e la domanda cresce prima o poi i prezzi dovranno salire, sia quelli delle uve sia quelli del vino all’ingrosso.

Per questo, è l’appello di Gaja, le regioni più colpite dal caldo dovrebbero essere autorizzate a fare l’irrigazione di soccorso anche per i vini a denominazione, l’uso dei pesticidi dovrebbe essere limitato, mentre si dovrebbe aumentare l’integrazione con la nuova ricerca anche tra i viticoltori di più lunga data.