Venezia, turco arrestato con machete nello zaino: condanna lampo

di redazione Blitz
Pubblicato il 1 Agosto 2016 - 22:38 OLTRE 6 MESI FA
Venezia, turco arrestato con machete nello zaino: condanna lampo

Venezia, turco arrestato con machete nello zaino: condanna lampo

VENEZIA – Condanna lampo per il 23enne turco fermato a Venezia dalla Polizia davanti alla stazione con una mannaia e un sampietrino nello zaino mentre pregava con gesti enfatici. L’uomo è stato condannato per direttissima a un anno e 8 mesi. Al momento nei suoi confronti non vi sono accuse che configurino l’ipotesi di attentati o la minaccia terroristica. Ma è stato arrestato e condannato per false attestazioni a pubblico ufficiale, perché aveva documenti d’identità falsi.

L’uomo è stato perciò trasferito in un Centro di identificazione ed espulsione, in attesa che vengano compiute tutte le verifiche sui suoi documenti, sui quali gli investigatori nutrono più di un sospetto.

Oltre alla mannaia di 30 centimetri ed una pietra appuntita nello zaino, ai poliziotti avrebbe detto una sfilza di bugie e mostrato documenti in fotocopia falsi, che attestano una doppia nazionalità turco-tedesca tutta da dimostrare. Materiale sufficiente a far scattare l’allarme anti-terrorismo.

L’uomo è stato fermato domenica alla stazione di Venezia, dove la Polizia è accorsa quando ha ricevuto la segnalazione che alcuni stranieri, intorno alle 4, stavano pregando ad alta voce Allah, con gesti enfatici, inginocchiati sulla pensilina dello scalo ferroviario. Quando Polfer e Digos sono giunte sul posto, gli stranieri si erano già dispersi.

La Questura di Venezia ha subito attivato il dispositivo e i controlli anti-terrorismo, e poco dopo i poliziotti sono riusciti a rintracciare due dei sei uomini, di nazionalità turca. Uno di loro, K.A., nato a Mersin (Turchia), è l’uomo condannato. E’ stata soprattutto la lunga lama ad allarmare gli agenti, dopo l’aggressione con un machete compiuta da un terrorista su un treno in Germania.

L’uomo è stato perciò arrestato e condannato per direttissima, mentre l’amico è stato trattenuto in Questura. Altri 4 componenti del gruppo sono stati fermati nelle ore successive dalla Digos a Milano. Il connazionale rintracciato assieme a lui a Venezia così come gli altri 4 sono stati a lungo ascoltati e infine rilasciati senza alcuna accusa.

Si erano avvicinati all’indagato solo perché “avevano sentito parlare la loro lingua”, ma si trattava di una conoscenza del tutto occasionale. Anzi – hanno spiegato agli agenti – si erano insospettiti capendone il fanatismo religioso, e non li aveva convinti che l’uomo avesse aggiunto di essere “in perfetta sintonia con l’attuale governo turco”. Per non contraddirlo – è stata la loro versione – hanno deciso di pregare Allah assieme a lui, davanti alla stazione. Terminato il rito, hanno proseguito il loro viaggio.

Diverse incongruenze sono emerse invece nei controlli del giovane con la mannaia. Ha sostenuto che il giorno prima aveva subito a Bologna il furto di tablet e smartphone, con relativa sim card, oltre che della patente di guida e del passaporto tedesco, mostrando copia di una denuncia fatta alla questura felsinea. Ha aggiunto di possedere la doppia cittadinanza turco-tedesca. Ma le verifiche incrociate effettuate con la Polizia tedesca, tramite l’ufficio di cooperazione internazionale del Dipartimento di pubblica sicurezza, hanno permesso di accertare che le foto del vero titolare del passaporto non erano le sue.

Quanto all’arma ha sostenuto: “Voi sapete che dopo il Ramadam c’è il digiuno – ha detto agli agenti – Il coltello mi serve per fare sacrifici animali. Ma non ne ho ancora fatti”.

Nel database italiano ed europeo, inoltre, il suo profilo non compare. Gli investigatori stanno ancora lavorando per dare un’identità certa al giovane turco, che ha raccontato di essere diretto in Germania. La Polizia vuole inoltre ricostruire esattamente i suoi movimenti in Italia.

Durante tutta l’operazione la Questura di Venezia è rimasta in contatto con il Viminale e il capo della Polizia, Franco Gabrielli. “E’ stato un eccellente lavoro – ha detto il questore, Angelo Sanna – con un gioco di squadra sia con Roma che con gli Stati esteri. La risposta è stata immediata e precisa. Voglio pensare che si tratti di un falso allarme, ma posso pensare che potremo aver evitato qualcosa di peggio”.