Un detenuto ucraino in carcere a Verona ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per poter andare a combattere in Ucraina. La storia è raccontata dall’agenzia Ansa.
Stepan G., questo il nome del detenuto, attualmente sta scontando una pena a 23 mesi per contrabbando di sigarette. L’uomo, 34 anni, ha il passaporto sia ucraino che romeno e quindi, come è detto nella richiesta di grazia “non può accedere alla misura alternativa dell’espulsione poiché la Romania è stato membro dell’Unione Europea”. In secondo luogo “il reato relativo alla condanna risulta ostativo alla misura dell’espulsione” e il detenuto “non potrebbe, allo stato, neppure accedere ad altra misura alternativa in quanto sprovvisto di idoneo domicilio”, si afferma nella richiesta avanzata al Quirinale.
Detenuto ucraino chiede la grazia a Mattarella, le parole dell’avvocato
“Lui è della zona di Kharkiv – spiega il suo avvocato -, martoriata in questi giorni dagli attacchi russi. Sta seguendo l’evolversi del conflitto dalla cella dove è rinchiuso ma il suo desiderio è quello di potere raggiungere i suoi familiari e combattere. Ricordo che proprio il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky ha disposto l’amnistia per i detenuti in modo da concedergli la possibilità di partecipare alla resistenza”.
Dal 24 febbraio scorso, data in cui è iniziata l’attività bellica, Stepan sta vivendo ore di angoscia anche per “l’impossibilità” di ricevere notizie aggiornate sulla situazione dei suoi familiari e in particolare se sono riusciti a mettersi in salvo e scappare all’estero sfruttando i corridoi umanitari che, tra mille difficoltà, sono stati attivati per dare la possibilità a donne e bambini di fuggire dalla guerra”.
Detenuto ucraino chiede la grazia a Mattarella: “Vuole rispondere all’appello di Zelensky”
“Nel chiedere la grazia il difensore afferma che la volontà del suo assistito “non deve ritenersi un mero desiderio di partecipare alla causa ucraina – è detto nel provvedimento di 4 pagine -. Al contrario, la sua partecipazione al conflitto dovrebbe ritenersi il vero e proprio adempimento di un dovere cui, al pari dei suoi concittadini di età compresa fra i 18 e i 60 anni, il mio assistito non può definitivamente sottrarsi”.
Il difensore conclude affermando che il “reato per il quale è stato condannato Stepan non denota alcun allarme sociale, e la sua condotta carceraria è stata fino ad oggi irreprensibile. Consentirgli di ritornare in patria è un atto di giustizia: chiediamo al presidente Mattarella di intervenire confidando nella sua saggezza”.