Vescovo rimosso, prete sospeso, milioni che mancano: caso Ior arriva a Trapani

Pubblicato il 12 Giugno 2012 - 12:30 OLTRE 6 MESI FA

Il vescovo Miccichè

TRAPANI – L’inchiesta sullo Ior arriva fino a Trapani, nel cuore della Sicilia. Lì c’è una Procura che indaga su un presunto ammanco di cassa della Curia da un milione di euro e su conti milionari aperti proprio nella banca vaticana. Il sospetto degli inquirenti, sospetto da cui potrebbe a breve arrivare una rogatoria, ovvero la richiesta di andare a vedere i conti, è che quei conti, in realtà, siano riconducibili a uomini di cosa nostra.

A Trapani, poi c’è un vescovo, Don Micciché, sollevato di gran carriera dopo un “processo lampo” dal suo incarico dal Vaticano. E c’è un sacerdote, don Ninni Treppiedi, economo della curia, sospeso a divinis sempre dal Vaticano per la presunta sparizione di soldi dalla curia di Trapani. Quanti soldi? Secondo Giacomo Galeazzi, che sul tema scrive un retroscena per La Stampa, un milione di euro.

A essere intricato, prima di tutto, è il rapporto tra le Procure e il Vaticano. Da un lato la Chiesa spinge perché si faccia luce sulla questione “corvo” e sulla questione Gotti Tedeschi. Dall’altro lato, però, due procure (anche quella di Roma, sempre secondo la Stampa, chiede di analizzare quelli dello Ior) che rovistano nei conti della Banca Vaticana non sono esattamente un trionfo dal punto di vista dell’immagine.

Che la questione Gotti Tedeschi sia centrale nell’inchiesta lo testimonia un’email, riportata da Guido Ruotolo sulla Stampa. Mail arrivata a Gotti Tedeschi, dall’ex direttore dello Ior inoltrata ed intercettata dalla procura. Mail in cui qualcuno chiede di “creare consenso perché si crei una commissione d’inchiesta sul caso Gotti Tedeschi”.

A Trapani, se possibile, la situazione è ancora più intricata. Ai conti della curia è interessato, infatti, anche il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, quello che si occupa del presunto riciclaggio. Tutto ruota attorno alla figura di don Treppiedi, che a Trapani faceva l’economo e che secondo l’accusa, insieme ad alcuni complici avrebbe operato un “vero e proprio saccheggio di beni di titolarità della diocesi trapanese e delle varie parrocchie “frequentate” dal Treppiedi, da ultimo quelle alcamesi”.

Secondo Galeazzi e Ruotolo don Treppiedi avrebbe agito all’oscuro del vescovo, grazie ad una certa “facilità” nel falsificare le firme, soprattutto quella del suo superiore. Così, oltre a un giro di assegni sospetti l’economo sarebbe persino riuscito a svendere la canonica a un suo “fedelissimo” a prezzo di favore. Tutto all’oscuro di Micciché. Più che una curia, scrive Galeazzi, “quella di Trapani sembra un’agenzia immobiliare”. Riferimento anche ad un convento di suore ad Alcamo che finisce affidato a don Treppiedi.

Resta il fatto che ora il Vaticano ha rimosso Micciché e sospeso l’economo. Ruotolo sulla Stampa si chiede perché: “Il vescovo Micciché è stato defenestrato per aver collaborato alle indagini della magistratura italiana? O perché don Ninni Treppiedi ha messo a verbale davanti a un pm che il vescovo aveva conti milionari (dollari) allo Ior?”

Questione non oziosa. Come non è ozioso ricordare che ai tempi dell’entrata in vigore del 41 bis, l’articolo di legge che prevede il carcere duro per i mafiosi, la curia di Trapani divenne “il punto di riferimento delle famiglie mafiose che protestavano contro il carcere disumano”.

In conclusione il sospetto della Procura è che don Treppiedi abbia manovrato una decina di milioni. Tutto servendosi anche di conti dello Ior. Don Treppiedi si difende dicendo di aver avuto un solo conto, poi chiuso, con sopra 16 mila euro. Ma parla di un conto intestato. Alla magistratura di Trapani e Roma, invece, interessa spulciare in altri conti.