Vigile del fuoco cade da albero per salvare un gatto: gli negano l’invalidità

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Novembre 2018 - 14:51 OLTRE 6 MESI FA
Vigile del fuoco ferito per salvare gatto Cassazione nega invalidità

Vigile del fuoco cade da albero per salvare un gatto: gli negano l’invalidità

PADOVA – E’ caduto da un albero mentre stava salvando un gatto ed è rimasto parzialmente invalido. Così è iniziato il calvario di un vigile del fuoco di Padova, che si è visto negare l’invalidità dalla Cassazione perché “non è dimostrabile che il felino fosse in pericolo di vita”. Per questo motivi i giudici gli hanno negato i benefici previsti dalla legge per le “vittime del dovere”, come già fatto dalla Corte d’appello di Venezia.

La vicenda inizia nel 2005 quando una signora chiede l’intervento del pompiere per salvare il suo gatto bloccato sul ramo di un albero. Il gatto si era arrampicato a circa 5 metri di altezza e non era più in grado di scendere, per questo motivo l’uomo è salito su una scala per raggiungerlo, ma quando è riuscito ad afferrarlo il ramo dell’albero si è spezzato e il vigile del fuoco è caduto, riportando ferite che gli hanno provocato una invalidità seppur lieve.

La sentenza di primo grado del tribunale di Padova gli aveva riconosciuto l’invalidità, ma in secondo grado la Corte d’Appello di Venezia l’ha negata accogliendo il ricorso del ministero dell’Interno. La storia giudiziaria è finita così in Cassazione e anche in quest caso i giudici hanno confermato la sentenza emessa in secondo grado, perché non ha saputo dimostrare “che il gatto fosse in pericolo, la circostanza non può essere presunta solo per il fatto che lo stesso si era arrampicato fino a cinque metri, essendo notorio che i gatti sono animali in grado di arrampicarsi”.

Andrea Bava, avvocato difensore del vigile del fuoco, ha commentato così la sentenza: “La Suprema corte ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto mancasse la prova dello stato di pericolo del micio. Fa quasi sorridere la constatazione secondo la quale non vi era la prova che l’animale rischiasse la vita: non avrei mai pensato di dover documentare lo stato d’animo di un gattino, per dimostrare che si sentisse soggettivamente in pericolo. Forse occorreva che miagolasse aiuto”.