Vino buono? Italia “dipende” dalla etichetta, inglesi spacciano per prosecco vino greco

di Alessandro Avico
Pubblicato il 23 Novembre 2016 - 05:12 OLTRE 6 MESI FA
Vino buono? Italia "dipendente" dall'etichetta, gli altri ci passano sopra e poco importa

Vino buono? Italia “dipendente” dall’etichetta, gli altri ci passano sopra e poco importa

UDINE – Siamo sicuri che il modo migliore per riconoscere un vino buono sia quello di scriverlo su un’etichetta e fare in modo che sia obbligatorio, come ministero Politiche Agricole chiede? Mentre noi in Italia siamo attaccati e “dipendenti” dall’etichetta, non solo per il vino ma anche per gli altri cibi, gli altri paesi, soprattutto in Europa, se ne fregano e vanno avanti, vanno oltre. Tanto per fare un esempio: vino “italiano” col nome improbabile di Santa Eleni, località grecansu un’isola vicino alla Turchia, qualificato prosecco e venduto a meno di 15 euro a bottiglia ma spacciato per champagne millesimato da 500 euro a bottiglia in un locale notturno di Londra frequentato anche dai principini inglesi William, marito di Kate Middleton e Harry. Basta questo per capire cosa arrivano a bere a Londra, quando sono sbronzi, gli aristocratici e ricchi inglesi e anche i miliardari americani e arabi che li accompagnano. Poco importa insomma di quello che c’è sull’etichetta.

In Italia intanto, come scrive Il Gazzettino, il Nucleo antifrodi dei carabinieri ha sequestrato circa 22mila litri di vini di pregio privi di documentazione contabile. Lo ha reso noto in queste ore il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, spiegando che nel corso dei controlli, condotti in particolare nelle province di Udine e Gorizia, sono state ispezionate 18 aziende e individuate diverse irregolarità amministrative. “Il nostro sistema di controlli – dice il ministro Martina – è riconosciuto tra i migliori al mondo, a garanzia di una filiera sicura e trasparente per i consumatori. Difendere le nostre eccellenze in campo agroalimentare è da sempre una nostra priorità. Continuiamo il percorso intrapreso senza mai abbassare la guardia”. Le ispezioni sono state svolte nell’ambito dei controlli a tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche della produzione di vini di pregio.

E mentre qui si guarda all’etichetta, il prosecco, ambasciatore dell’Italia nel mondo è ora al centro di nuove polemiche, con la sua miriade di invitanti bollicine, soddisfa i palati più raffinati. Ora, dall’Inghilterra, arriva il prosecco vegano, a basso contenuto di zuccheri, solo 67 calorie per ogni calice: è “Skinny”, prodotto da Thomson & Scott e a Londra è popolarissimo, tanto che per averlo c’è una lunga lista d’attesa. Skinny vuol dire secco, ma non nel senso di vino ma di pelle e ossa tanto sei magra.

Ma non è solo un discorso legato al vino o alle bollicine. Anche i pastori italiani rivendicano una tutela così importante. in particolare quelli romani, che chiedono la nuova denominazione “Cacio Romano DOP, che possa meglio rappresentare le distintività e assicurare prospettive di futuro agli allevamenti di pecore delle campagne laziali”. L’importante riconoscimento in sede europea è necessario per mettere in evidenza le peculiarità di prodotto, di processo e di destinazione di mercato del formaggio “Cacio Romano Dop” consolidate nel tempo. Sperando che gli inglesi poi non si inventino il cacio vegano…