Viterbo, venne uccisa davanti alla figlia: il pm chiede imputazione per omicidio volontario

Pubblicato il 19 Maggio 2010 - 20:10 OLTRE 6 MESI FA

La vittima, Marcella Rizzello

Concorso in omicidio volontario aggravato e concorso in rapina aggravata: sono i capi d’imputazione formulati oggi dal Pm Renzo Petroselli all’uomo e alla donna fermati lunedì scorso nell’ambito delle indagini sull’assassinio di Marcella Rizzello, la giovane uccisa il 3 febbraio scorso nella sua casa, sotto gli occhi della figlia Giada di 14 mesi, a Civita Castellana, in provincia di Viterbo. I fermati sono Giorgio De Vito, 25 anni, napoletano, residente ufficialmente ad Aprilia (Latina), ma di fatto domiciliato a Civita Castellana, e la sua ex compagna Mariola Henryka Nichta, 30 anni, polacca. Il primo è rinchiuso nel carcere di Viterbo, la seconda a Civitavecchia.

L’uomo, ascoltato dal pm prima di formulare l’imputazione, su consiglio dei suoi difensori si è avvalso della facoltà di non rispondere. La donna, invece, ha fatto delle parziali ammissioni e ha svelato che De Vito avrebbe potuto uccidere anche la bambina. “Se non l’avessi abbracciata mentre piangeva disperata nella culla e non mi fossi messa tra lei e De Vito – ha detto -forse l’avrebbe ammazzata come la madre”. In precedenza, rispondendo alle domande del magistrato, aveva ammesso di essere stata con De Vito in casa della vittima. “Mi aveva detto – ha precisato – che dovevamo commettere un furto. Invece, quando Marcella si è accorta della nostra presenza e ha urlato, lui ha tentato di chiuderle la bocca con la mano e l’ha accoltellata con l’altra. Io ho solo assistito”.

La donna, come hanno spiegato i suoi difensori “era ancora sotto shock, frastornata e terrorizzata”, e avrebbe più volte confuso l’omicidio, avvenuto il 3 febbraio, con l’episodio del 12 maggio, quando il suo attuale compagno è stato ferito a coltellate da De Vito che non gli perdonava di avergliela portata via. Fatto, quest’ultimo, che ha portato alla soluzione del giallo. Da quel momento, infatti, i carabinieri hanno avuto a disposizione il Dna dell’uomo che, confrontato con quello estratto dalle tracce ematiche trovate in casa della vittima, è risultato corrispondere appieno. Secondo i legali la donna polacca sarebbe stata “totalmente succube di De Vito, che la teneva in soggezione con minacce e violenze e l’avrebbe anche costretta a prostituirsi”.

A loro avviso, il quadro emerso finora dimostrerebbe che “Mariola è stata vittima e non complice del suo ex compagno”. Infine, hanno annunciato che chiederanno una perizia psichiatrica per dimostrare la sudditanza psicologica della donna nei confronti dell’ex compagno e la sua semi-infermità mentale. Domani mattina saranno entrambi sottoposti all’interrogatorio di garanzia dal Gip Franca Marinelli e dallo stesso Pm, il quale, subito dopo, dovrebbe chiedere l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per entrambi. Ad incastrare De Vito, oltre alle dichiarazioni della donna, ci sono la corrispondenza tra il suo Dna con quello estratto da cinque tracce ematiche trovate nella casa della vittima, una decina d’impronte delle sue scarpe, un’impronta del palmo della sua mano e la fotocamera rubata a Marcella, ritrovata nella casa della madre adottiva ad Aprilia.