Vittorio Sgarbi torna a Venezia: riammesso a Soprintendenza

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Marzo 2016 - 13:45 OLTRE 6 MESI FA
Vittorio Sgarbi torna a Venezia: riammesso a Soprintendenza

Vittorio Sgarbi torna a Venezia: riammesso a Soprintendenza

VENEZIA – Vittorio Sgarbi ha vinto il ricorso ed è stato riammesso al servizio della Soprintendenza di Venezia. Il critico d’arte in una nota ha annunciato che il tribunale di Venezia ha accolto il ricorso che aveva presentato dopo aver presentato le dimissioni nel settembre 2014, per evitare una procedura di licenziamento.

Il Gazzettino scrive che il critico d’arte si era licenziato, ma le dimissioni sono “invalide” e quindi è inapplicabile il decreto di cessazione del rapporto di lavoro, quindi il ministero deve riammetterlo:

“«la sezione lavoro del Tribunale di Venezia – presidente dottor Luigi Perina-, accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Giampaolo Cicconi e Claudio Baleani, ha dichiarato la “invalidità” delle dimissioni, siccome irritualì, e la “inapplicabilità” del decreto ministeriale di cessazione del rapporto di lavoro tra le parti, condannando, altresì, il ministero a riammettere in servizio Sgarbi».

Il critico si era dimesso nel settembre 2014 «per evitare una procedura di licenziamento minacciata dal Mibact per via di una controversia legata alla sua aspettativa in qualità di ispettore della Soprintendenza di Venezia, incarico ricoperto dal 1974 (e dal 1989/1990 in poi in aspettativa senza assegni per mandato elettorale)». Le dimissioni, in realtà mai formalizzate, furono – spiega oggi l’ufficio stampa del critico – «una reazione all’onta del procedimento disciplinare minacciato dal ministero dei Beni Culturali. Quest’ultimo – si sottolinea – avviò il procedimento perché Sgarbi presentò la richiesta di aspettativa con dieci giorni di ritardo».

Il 15 settembre di quell’anno, rendendo pubbliche le sue dimissioni, Sgarbi diffuse anche il testo di una sua lettera al ministro Franceschini in cui spiegava di essere amareggiato dal “formalismo burocratico” del ministero della cultura e dalla possibilità che arrivasse per lui una sanzione fino al licenziamento. «Trovo così stridente e offensivo questo atteggiamento – scrisse allora al ministro – che, per non subire l’insulto di un tale assurdo provvedimento, sono costretto a dimettermi, a malincuore, piegato da un formalismo burocratico che ignora anche i suggerimenti e i contributi che tu stesso hai accolto»@.