Yara Gambirasio, 4 anni fa l’omicidio. Massimo Bossetti: “Prego ogni giorno per lei”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Novembre 2014 - 09:32 OLTRE 6 MESI FA
Yara Gambirasio

Yara Gambirasio

BERGAMO – Sono passati quattro anni da quel maledetto 26 novembre 2010, il giorno in cui Yara Gambirasio scomparve nel nulla. Il cadavere fu ritrovato il 26 febbraio del 2011, in un campo di Chignolo d’Isola a dieci chilometri da Brembate di Sopra. E poi c’è una terza data: 16 giugno 2014, il giorno in cui, dopo anni di analisi del dna, è stato arrestato Massimo Giuseppe Bossetti.

Ma anche ora che Massimo Bossetti, incastrato dal dna, è indagato per l’omicidio della loro Yara, mamma Maura e papà Fulvio Gambirasio restano fedeli alla compostezza che li ha sempre contraddistinti: “Non vogliamo un colpevole, ma il colpevole”.

“Prego ogni giorno per Yara” confida intanto Bossetti dal carcere. “È la scelta di un uomo credente, è il gesto di un padre di tre figli che, nel rispetto del dolore della famiglia Gambirasio, rivolge un pensiero di umana pietà verso chi non c’è più”, racconta chi gli sta accanto.

A dare voce ai pensieri della famiglia Gambirasio è l’avvocato Enrico Pelillo: “Un pensiero condiviso con la famiglia, come tutte le scelte prese nel corso delle indagini”.

“Abbiamo sempre rispettato il lavoro di tutti e atteso l’esito degli accertamenti, ora aspettiamo il processo, la sede opportuna in cui si assumono le prove – parla Pelillo -. Speriamo si celebri velocemente, per accertare se l’indagato è il colpevole”.

“Il primo giorno che li ho incontrati sono rimasto sbalordito per quanto fossero brave persone e in questo c’è tutto, dalla forza al decoro senza mai sbandierare il loro dolore – prosegue il legale – Le volte successive ho avuto la conferma, così come il giorno in cui siamo sentiti al telefono perché era stato fermato Bossetti”.

“Il ruolo del consulente è trasferire alla famiglia i contenuti tecnico scientifici delle verifiche. Ma era inevitabile un coinvolgimento emotivo in un caso del genere, anche per il rapporto che si è creato con i genitori”.

Ora si guarda al processo. Il Dna è il pilastro ed è materia del genetista. Lui non ha dubbi: “Quel Dna colloca l’indagato sulle scena del crimine”.

Sarà un confronto tra accusa e difesa, con la parte offesa che avrà voce in capitolo. Portera, però, traccia un confine: “È giusto che chi assiste una parte provi a fornire interpretazioni alternative. Nel momento in cui trovano fondamento, aprono nuovi scenari, altrimenti vanno a validare la prima ipotesi. Ma è giusto che le interpretazioni si basino su dati scientifici veri e vengano lette da persone con specifiche competenze”.