21 dicembre 2012, – 8 giorni all’apocalisse Maya. Chi ci crede e chi la smonta

Pubblicato il 13 Dicembre 2012 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA
21 dicembre 2012, – 8 giorni all’apocalisse. Chi ci crede e chi la smonta

ROMA – 21 dicembre 2012, -8 giorni all’Apocalisse Maya. La Nasa smentisce, in Cina Lu Zhenghai costruisce un’arca in attesa del diluvio universale, a Rochester si organizzano party e in Tv si preprano trasmissioni e dibattiti. C’è chi giura che ci salveremo solo a Bugarach, in Turchia o a Cisternino. C’è invece chi ha deciso di sfruttare l’evento fondando siti e vendendo kit di sopravvivenza.

E tu da che parte stai? Credi nella fine del mondo? Ogni notte fai incubi in sui sei rincorso da Maya? In ufficio non parli altro che di Nibiru e di asteroidi? Oppure ti muovi disinteressato tra siti, strade e giornali non credendo a giorni del giudizio e tempeste solari?

E’ partito il countdown verso l’ennesima Apocalisse dopo quelle fallite del 2000 e del 1000 d. C. e chissà quante ancora da elencare.

A Rochester (NY) i ragazzi del posto si sono organizzati dando vita ad un mega-party per il 21 dicembre stile Hollywood con cinque Dj, open bar.

Il ‘National Geographic’ invece ha deciso di sfruttare l’evento dedicando sul proprio canale per il 18 dicembre, giusto tre giorni prima della ‘fine del mondo’, uno show “Doomsday Preppers” con protagonisti i gruppi apocalittici.

La NASA, per cercare di porre fine, inutilmente, a paure e superstizioni, ha fatto intervenire David Morrison che, con un video pubblicato su YouTube, ha smontato, punto per punto, le teorie più disparate sulla fine del mondo.

A Bugarach, villaggio disperso nei Pirenei, le autorità francesi sono state costrette a chiudere l’accesso tra il 19 e il 23 dicembre. Perché? Semplice. Bugarach, secondo diverse ipotesi che vanno dal Sacro Graal agli alieni, sarebbe uno dei posti che si salverebbe, secondo diversi esperti dell’apocalisse, dalla fine del mondo.

Stessa sorte per Sirince, un borgo in Turchia vicino a Efeso e per altre montagne sparse tra i Carpazi e i Mount Rtany in Serbia.

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Lu Zhenghai invece, in Cina, ha pensato bene, forse avendo visto troppe volte il film 2012 e avendo letto la Bibbia, di costruirsi la propria arca personale per salvarsi dall’alluvione come Noé. Nome dell’arca? Atlantis.

C’è anche chi ha cercato di sfruttare l’evento. Kit di sopravvivenza, corsi, conferenze, bunker, libri, trasmissioni Tv, siti. Inutile nascondersi, in questi giorni è impossibile scappare dai Maya.

John Kehne di Louisville, in Kentucky, ha fondato un sito, “december2120012. com” arrivato a registrare fino a 5 milioni di visitatori. Potenza del web e della superstizione. In fondo tutto cambia affinché nulla cambi.

Tutti spaventati tranne, ironia della sorte, gli stessi Maya. Jose Manrique Esquivel, uno degli ultimi discendenti dei Maya, il quale  ha dichiarato che, nella penisola dello Yucatan, la notte del 21 dicembre si festeggerà “perché questa data segna la celebrazione della nostra sopravvivenza malgrado secoli di genocidi e oppressioni”.

Ma non c’è da sorprendersi. Infatti il calendario Maya, all’origine del virus apocalittico che ha contagiato il globo, non prevedeva nessuna fine del mondo.

Geoffrey Braswell, professore dell’Università di California, ed esperto sull’argomento infatti afferma che “l’idea della fine del mondo appartiene piuttosto alla nostra cultura: storicamente non sappiamo neppure se i Maya credessero a qualcosa del genere”. In fin dei conti era solo un calendario. O forse no?