Aereo russo, Cia: è bomba. Isis apre il fronte voli di linea

di Anna Boldini
Pubblicato il 5 Novembre 2015 - 10:42 OLTRE 6 MESI FA
Aereo russo, Cia: è bomba. Isis apre il fronte voli di linea

(Foto Lapresse)

WASHINGTON – Aereo russo caduto in Sinai, per la Cia a farlo esplodere e precipitare, uccidendo tutti i suoi 224 passeggeri, è stata una bomba. Una bomba con la quale l‘Isis apre il fronte dei voli di linea, seguendo la rotta dettata da Al Qaeda. 

Ancora la certezza scientifica che si sia trattato di un attentato terroristico non c’è. Quel che si sa è che l’Airbus della Metrojet (ex Kogalymavia) si è spezzato in due mentre volava a 9.500 metri di altitudine. Troppo alto per essere raggiunto da un missile di quelli nelle mani dei terroristi islamici che operano nella penisola egiziana del Sinai. E al momento nessuna traccia di esplosivo è stata trovata nei rottami analizzati, sparsi per oltre 30 chilometri quadrati.

Ma, questa è l’ipotesi dell’intelligence americana, i terroristi potrebbero aver usato dei micro-ordigni, i miniesplosivi ad alto potenziale di Ibrahim al-Asiri, l’ingegnere di Al Qaeda in Yemen, come spiega Maurizio Molinari sulla Stampa. Un passaggio di tattica che si motiverebbe con l’intervento della Russia nel conflitto siriano, intervento che rende molto più difficili le cose all’Isis.

Secondo un nuovo video diramato sul web dal cosiddetto Stato Islamico, l’attacco sarebbe stato compiuto per “celebrare” il primo anniversario del giuramento di fedeltà al Califfato da parte dello “Stato islamico della Provincia del Sinai”. Attendibile o no, certo è che il cosiddetto Stato Islamico ce l’ha con Vladimir Putin, reo di aver aperto gli occhi all’occidente sull’effettiva utilità di lottare non solo contro l’Isis, ma anche a sostegno di Bashar al Assad, nemico dell’Islam fanatico.

La micro-bomba potrebbe essere stata messa in una valigia o in un bagaglio a mano che si trovava vicino alla coda. Questo giustificherebbe il fatto che sui corpi delle vittime sedute in fondo all’aereo sono stati rilevati “traumi esplosivi con ustioni multiple”. E se ancora non sono state trovate tracce di esplosivo, va ricordato come persino nel caso dell’attentato di Lockerbie, in Scozia, del 1988 la bomba non fu mai ritrovata.

I mini-esplosivi, del resto, non sono cosa nuova. Al Asiri, 33 anni, confezionò quelle usate da Al Qaeda in due tentati attacchi kamikaze su aerei di linea: su un volo della Nothwest Airlines nel 2009 atterrato a Detroit e un due aerei cargo decollati dallo Yemen e diretti negli Stati Uniti.

Proprio la diffusione delle micro-bombe da parte di Al Qaeda ha portato l’America a creare dei nuovi body scanner in grado di vedere sotto i vestiti e persino nelle cavità corporee, visto che nel 2009 un altro aspirante kamikaze tentò di eliminare Mohammed bin Nayef, allora capo della sicurezza saudita e oggi principe ereditario del regno, con un ordigno nascosto nel retto anale. Questi body scanner, però, sono diffusi solo in America ed Europa, dove vengono usati poco, non nel mondo arabo e men che meno nello scalo di Sharm el Sheikh.

Insomma, la storia di micro-ordigni è lunga e Isis potrebbe essersene appropriato. Paiono sempre più convinti di questo anche Gran Bretagna e Irlanda, che hanno deciso di sospendere i voli da e per Sharm el Sheikh. L’unico ancora a difendere la pista dell’avaria è il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sissi, per ovvie ragioni, del resto. L’Egitto viveva di turismo, ma gli attentati degli ultimi anni, al Cairo e alle piramidi, ma anche nelle località del Mar Rosso, hanno fatto precipitare gli arrivi. Come per la Tunisia, unico esempio davvero riuscito di successo della primavera araba, l’Egitto è un’altra vittima dell’Isis.