L’America si scusa e promette: mai più cavie umane per la sperimentazione medica

Pubblicato il 24 Ottobre 2010 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA

Gli Stati Uniti chiedono scusa: a fare il mea culpa, pochi giorni fa, il segretario di Stato Hillary Clinton. Ha chiesto perdono per gli oltre settecento guatemaltechi usati come cavie umane tra il 1946 e il 1948.

Questi uomini, detenuti, malati mentali e soldati sono stati deliberatamente infettati con gli agenti di malattie sessualmente trasmissibili, con l’aiuto diprostitute reclutate allo scopo. Sifilide, gonorrea, ulcera molle. Le cure adeguate furono praticamente negate.

Un copione che si era già visto anni prima, in un lasso ben più ampio di tempo. Tra il 1932 e il 1972, 400 raccoglitori di cotone dell’Alabama malati di sifilide vennero lasciati senza cure per studiare così gli effetti della malattia.

Su quella pagina americana, nota come lo studio di Tuskegee, fu un altro Clinton a chiedere scusa nel 1997: l’allora presidente Bill.

Poco tempo dopo è stato creato il Centro di bioetica di Tuskegee, uno dei primi negli Stati Uniti, riportando alla ribalta delle discussioni fra scienziati il tema delle sperimentazioni cliniche nell’uomo.

La discussione interessò anche politici, filosofi, giornalisti. bioetici, portando, nei Paesi occidentali, una serie di regole e leggi per la tutela di chi partecipa a queste sperimentazioni.

Di recente in Italia è stato approvato un disegno di legge su “Sperimentazione clinica e altre disposizioni in materia sanitaria” che prevede nuove regole per i comitati etici che si occupano della tutela dei diritti di chi si sottopone alle sperimentazioni.

Resta la necessità di trovare persone disponibili a partecipare alle sperimentazioni, soprattutto di farmaci. Spesso i Paesi occidentali finiscono per rivolgersi a quelli in via di sviluppo, dove le regole sono meno severe.

Negli Stati Uniti gli oncologi si sono posti il problema dell’affidabilità di queste sperimentazioni, che devono valutare l’efficacia e della sicurezza di medicinali destinati, alla fine, al mercato mondiale.