Arrigoni: l’addio di Gaza tra lacrime e slogan, condoglianze anche da Hamas

Pubblicato il 18 Aprile 2011 - 20:37 OLTRE 6 MESI FA

Vittorio Arrigoni (Foto Lapresse)

VALICO DI RAFAH (GAZA) – Una bara di compensato coperta da una bandiera italiana e una palestinese, gli slogan e il pianto degli amici, onori funebri solenni, ma non di massa. Si è consumato così, lunedì, l’ultimo viaggio di Vittorio Arrigoni nella Striscia di Gaza: lembo estremo di terra palestinese nel quale il volontario italiano aveva scelto di vivere, in nome dell’adesione senza riserve alla causa di un popolo, e dove per tragico paradosso ha incontrato alla fine, a 36 anni, un’atroce morte per strangolamento.

Una morte che le indagini sembrano ricondurre alla mano di una cellula di ultraintegralisti salafiti collocati su posizioni ancor più radicali di Hamas (il movimento islamico al potere nella Striscia): su tre dei quali pende adesso una taglia. Sviluppo rimasto sullo sfondo del corteo che ha seguito l’addio a Vik, come amava farsi chiamare. Alcune centinaia di persone in tutto, radunatesi dal mattino dinanzi all’ospedale Shifa di Gaza City, da dove il feretro è uscito a metà giornata portato a spalla da due file di poliziotti con i baschi rossi. E da dove, cosparso di petali, è stato poi caricato su un’ambulanza (una di quelle su cui Arrigoni accompagnava i feriti durante l’offensiva israeliana ‘Piombo Fuso’) diretta con una coda di torpedoni e vetture private verso il valico di Rafah, al confine egiziano.

Il percorso si completerà con l’arrivo al Cairo (dove per martedì è stata allestita una camera ardente), con il volo verso Milano e quindi con i funerali di Bulciago, il comune in provincia di Lecco da cui Arrigoni era partito e del quale sua madre, Egidia Beretta, è sindaco. Attesa all’ingresso dello Shifa da una piccola folla – con fotografie e t-shirt raffiguranti’Vik’ – la bara è stata accolta subito da invocazioni e applausi. Al grido di ”Vittorio, martire della solidarietà, la Palestina non ti dimentica”, ma anche di ”’Via i terroristi dalla Palestina”. Più tardi, a Rafah, è stato il momento della commemorazione ufficiale, articolata in alcuni brevi elogi funebri: alla presenza di giovani palestinesi, di volontari stranieri di organizzazioni non governative presenti nella Striscia, di alcuni amici giunti dall’Italia o da altri paesi.

Per Hamas – che  è parso voler tenere un profilo discreto nell’occasione, senza bandiere verdi di fazione ad accompagnare i vessilli palestinesi e i tricolori italiani – sono intervenuti invece il ‘viceministro degli Esteri’ del governo di fatto di Gaza, Ghazi Hammad, e Hassan al-Saifi, un funzionario del ‘ministero dell’Interno’. ”Esprimiamo condoglianze alla famiglia di Arrigoni e al popolo italiano”, ha detto all’Ansa Hammad, assicurando che ”l’inchiesta sul delitto prosegue” e che ”tutti i responsabili saranno consegnati alla giustizia”. Quasi a sottolineare le sue parole, la polizia locale ha confermato nelle medesime ore di aver posto una taglia, del valore al momento imprecisato, sulle tre persone tuttora ricercate nell’ambito delle indagini. Si tratta di Bilal al-Omari, Mohammad Salfiti e Abu Abdel Rahman al-Ordini. (palestinesi i primi due, giordano il terzo, ritenuto il regista dell’operazione), le cui foto sono state pubblicate su un sito ufficiale di Hamas e i cui nomi vanno ad aggiungersi a quelli di altri due presunti complici, già in carcere: figure indicate come affiliati a uno dei gruppuscoli della galassia salafita, ispirata al verbo jihadista di Al Qaida; ma almeno in parte provenienti dagli stessi ranghi del braccio armato di Hamas.

Intanto l’associazione Amici della Mezzalunarossa palestinese, ”addolorata per l’omicidio di Vittorio Arrigoni, dichiara il proprio sdegno verso quei rappresentanti della stampa che, sapendosi facili opinion maker dell’Italia meno attenta ai diritti umani universali, stanno propagando un’immagine falsa di Vittorio arrivando, nei casi più beceri, fino ad un simbolico scempio del suo cadavere”. ”L’immagine fatta di bugie su Vittorio e sul suo impegno attivo, e non violento, a sostegno di una popolazione ingiustamente, illegalmente e illegittimamente schiacciata dall’ assedio e continuamente oggetto di umiliazioni e di violenze armate da parte dell’esercito israeliano – afferma l’associazione – non è l’immagine vera di questo ragazzo ‘umano’ nel senso migliore e più nobile del termine. E tutto questo voi operatori mediatici lo sapete”.