Ban Ki Moon duro sulla Siria: “Inazione Onu è una licenza al massacro”

Pubblicato il 14 Luglio 2012 - 02:12 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK -Durissima presa di posizione da parte del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che ha condannato “nel modo più forte possibile l’uso indiscriminato dell’artiglieria pesante e il bombardamento delle aree popolate, anche con elicotteri” in Siria. Ma Ban ha anche rivolto un appello al Consiglio di sicurezza affinché intraprenda “un’azione collettiva e decisiva per fermare la tragedia in atto in Siria. L’inazione – ha detto – diventa una licenza per ulteriori massacri”.

Poche ore prima, senza giri di parole, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva puntato il dito contro Bashar al Assad. “Ci sono prove indiscutibili che il regime a Tremseh ha deliberatamente assassinato innocenti civili”. E questo, ha detto, rende ancora più urgente che l’Onu metta in chiaro che ci saranno conseguenze.

Anche l’inviato Onu per la Siria Kofi Annan ha detto che è “imperativo”, che venga messo in chiaro che ci saranno conseguenze se la Siria continuerà a non rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite.

Ma il Palazzo di Vetro sembra bloccato dall’ennesimo braccio di ferro tra Russia da una parte, e Stati Uniti e Paesi occidentali dall’altra. La carneficina di Tremseh mostra “in modo drammatico la necessità di misure vincolanti per la Siria”, ha affermato a sua volta la rappresentante degli Stati Uniti all’Onu, Susan Rice. Anche Parigi preme affinché l’Onu alzi la voce. “Bisogna essere più fermi, minacciando sanzioni del Consiglio di Sicurezza. E’ tempo che ciascuno si prenda le proprie responsabilità”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero.

E da Bruxelles arriva la condanna della strage da parte dell’ Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, che in una nota ha chiesto che agli osservatori Onu sia “garantito accesso immediato e senza ostacoli per verificare tutte le informazioni possibili sugli eventi di Tremseh”. Anche l’Italia, tramite il ministro degli esteri Giulio Terzi ha affermato di volere da parte delle Nazioni Unite “una missione più incisiva e muscolare, che possa avere anche la possibilità di difendersi”. Tuttavia, Mosca, che con Pechino ha già bloccato nei mesi scorsi due risoluzioni in Consiglio di sicurezza, continua a frenare: “Qualsiasi misura che potrebbe essere presa senza il consenso del governo (di Damasco) è fuori discussione”, ha detto il viceministro degli esteri russo, Ghennadi Gatilov, riferendosi ad eventuali missioni di peacekeeping.

In questo quadro, in Consiglio di sicurezza sono andate avanti le trattative su due testi differenti messi sul tavolo. Uno è della delegazione russa, e prevede il rinnovo per tre mesi del mandato della missione di osservatori, ma non prevede alcuna forma di pressione su Damasco o sulle forze ribelli. A loro volta Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno proposto un testo che stabilisce un ultimatum di dieci giorni al regime di Damasco per smettere di usare le armi pesanti contro le città ribelli, altrimenti verranno imposte sanzioni.

Il Consiglio dovrà decidere entro il 20 luglio, quando scade il mandato di 90 giorni della missione di osservatori dell’Unsmis e quindi, nonostante tutto, le tappe della diplomazia sembrano forzate. Anche dall’incalzare di nuovi drammatici eventi sul campo.