Chapecoense, Superga brasiliana: una favola spezzata sul più bello

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Novembre 2016 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Chapecoense, Superga brasiliana: una favola spezzata sul più bello. La favola sportiva che si spezza nel peggiore dei modi: scivolando nella cronaca e aggiungendo un altro episodio alla già lunga lista di sciagure aeree che hanno coinvolto atleti. Fino ad oggi, al di fuori dei confini brasiliani, il nome della squadra del Chapecoense era quasi sconosciuto; ora lo si ricorderà più per questa tragedia che per i meriti sportivi.

Proprio quelli che avevano fatto sì che la squadra si trovasse a bordo di quell’aereo: domani avrebbe giocato la gara d’andata della finale di Coppa Sudamericana, una sorta di Europa League continentale, in casa dei colombiani dell’Atletico Nacional. Il club, nato nel 1973 a Chapeco (Stato di Santa Catarina) nel sud del Brasile dalla fusione tra Atletico Chapecoense e Independente, cinque anni dopo approdò nella Serie A brasiliana che, all’epoca, era diversamente strutturata da quell’attuale: vi rimase per due stagioni, poi lunghi anni di campionati minori, fino alla quarta Serie, nei quali le poche trasferte al di fuori dei confini regionali si organizzavano con le automobili degli stessi giocatori e dirigenti.

Poi la veloce risalita della squadra del presidente oriundo italiano Sandro Pallaoro, che l’ha condotta dal 2014 nella massima serie e, quest’anno, per la prima volta anche in una Coppa internazionale, dov’è arrivata addirittura in finale eliminando nel turno precedente gli argentini del San Lorenzo, la squadra del cuore di papa Francesco. I colori sociali sono il bianco e il verde. Nell’attuale campionato brasiliano di Serie A, la squadra guidata dal tecnico Caio Junior è nona ad una giornata dalla conclusione. In bacheca ha solo trofei relativi a tornei statali.

Avevano un coach preparato, Caio Junior, che dopo aver transitato per le panchine di Botafogo e Flamengo si è fatto le ossa tra Giappone e Qatar. Lavorava a stretto contatto con la dirigenza e sapeva motivare il piccolo mondo in espansione della Chape, nell’ultima intervista prima della finale ha detto: “Se morissi oggi, morirei felice”. Il club era diventato un esempio di come pure in Brasile si può essere lungimiranti e vincenti insieme. Un esempio che resterà solo un ricordo. (Giulia Zonca, La Stampa).