Ciad, la storia di Halima: “Ecco come sono diventata una terrorista di Boko Haram”

di Caterina Galloni
Pubblicato il 18 Maggio 2019 - 07:14 OLTRE 6 MESI FA
Ciad, la storia di Halima: "Ecco come sono diventata una terrorista di Boko Haram" (foto Ansa)

Ciad, la storia di Halima: “Ecco come sono diventata una terrorista di Boko Haram” (foto Ansa)

ROMA – Terrorista per matrimonio e per forza. Questa è la storia di Halima, una ragazza africana del Chad, che a soli 20 anni ha dietro di sé un percorso di sofferenza e terrore. Ha perso le gambe in un mancato attentato e ora sta ricominciando a vivere. Cammina con fatica con l’aiuto di due protesi, che le sono state donate da una organizzazione umanitaria, Humanity and Inclusion. Ha un obiettivo: imparare a leggere e scrivere. L’aiuta un giovane maestro locale, Mahamat Boka: è convinta che solo educazione e progresso possano distogliere i giovani dalle allucinazioni del terrorismo. La sua vicenda è raccontata sul sito del settimanale tedesco Der Spiegel da Till Mayer. La lettura è emozionante. “Sa che solo con lo sviluppo del villaggio, gli uomini del posto non si uniranno più a Boko Haram, le donne non saranno più rapite e le ragazze non si sposeranno contro la loro volontà”, commenta Mayer. Halima è nata su un’isola, Gomerom Doumou, sul Lago Chad, sul lato meridionale del Sahara, al confine con Cameroon, Chad, Niger and Nigeria. Infanzia tranquilla nel villaggio, fino al matrimonio, quando aveva appena 14 anni. Il marito era più grande di qualche anno ma già impegnato nel gruppo terroristico Boko Haram. 

Come lui, spiega Till Mayer, “molti altri abitanti delle isole sul lago Ciad. La mancanza di prospettive li rende vulnerabili a Boko Haram e alle sue promesse di introdurre la severa legge della Sharia e spazzare via la dilagante corruzione”. Boko Haram per anni ha condotto una violenta campagna per stabilire una teocrazia islamica nella regione nordorientale, a prevalenza musulmana, della Nigeria. Negli ultimi nove anni in seguito agli attacchi compiuti da Boko Haram sono morte più di 27.000 persone e 1,8 milioni sono state sfollate. Halima e il marito si erano uniti a Boko Haram. La loro prima tappa fu un piccolo insediamento in Camerun. “Era terribile, non c’era quasi nulla da mangiare”, racconta la giovane, e suo marito era via per la maggior parte del tempo con gli altri militanti. Poi è arrivato l’ordine di partire per la Nigeria. Halima spiega come per giorni e giorni hanno marciato attraverso la boscaglia, tormentati dalla sete e dalla fame, e con i neonati che non sopravvivevano al viaggio. “Le madri sono state costrette a lasciare i loro bambini morti sul ciglio della strada”. Ed è stato in Nigeria che un musulmano le disse che se fosse diventata una “kamikaze”, sarebbe andata in Paradiso. Halima non credeva che un attentato suicida potesse rappresentare la volontà di Dio. All’epoca era ancora adolescente e amava la vita. “Se non vai, ti uccideremo”, le dissero gli uomini di Boko Haram. In sette diverse occasioni, Halima cercò di scappare ma ogni volta è stata catturata. Dopo l’ultimo tentativo fallito, uno dei militanti la minacciò:”Se fuggi di nuovo, ti macelleremo come un animale”. Un giorno furono fatti uscire, quattro uomini e altre due donne. Halima sperava di poter sfruttare l’opportunità e scappare ma sia lei che gli altri erano stati drogati. “Ero consapevole solo in parte di quello che stava accadendo”, ricorda Halima.

Gli ordigni esplosivi erano pronti in zaini e borse, la giovane aveva il suo in un sacchetto di plastica mentre altri indossavano una cintura esplosiva. Era il 22 dicembre 2015, il giorno dell’attentato. Un flash di amarezza ulteriore brilla negli occhi della ragazza quando ricorda che “mio marito doveva andarsene, ma non voleva”. Avevano navigato il lago in direzione Chad, un faticoso viaggio di tre giorni. Quando la sabbia iniziò a scricchiolare sotto lo scafo, capirono di aver finalmente raggiunto la terraferma. Avevano ricevuto l’ordine di far esplodere le bombe il giorno di mercato a Iga, vicino alla piccola città di Bol. “Quando siamo sbarcati in Ciad era buio”, ricorda Halima, ma le guardie del villaggio li hanno scoperti mentre cercavano di farsi strada nell’oscurità. “Ci hanno circondato”, racconta la giovane che in quel momento era a poca distanza dal gruppo e pregava. Il sacchetto di plastica pieno di esplosivo era rimasto con gli altri che, quando hanno capito di essere circondati, hanno fatto esplodere le bombe. Halima è stata l’unica superstite, ma nell’esplosione ha perso entrambe le gambe.

Fonte: Daily Mail.