Riprendono i colloqui tra israeliani e palestinesi, un anno per risolvere tutto ma non mancano le polemiche

Pubblicato il 21 Agosto 2010 - 00:05 OLTRE 6 MESI FA

Netanyahu e Arafat nel 1993 alla Casa Bianca con Bill Clinton

Dodici mesi per risolvere le questioni piu’ annose del negoziato israelo-palestinese, quelle dello ‘status finale’ irrisolte da decenni come le frontiere dei due Stati, la questione di Gerusalemme, il ritorno dei profughi, gli insediamenti ebraici. E’ ambizioso l’obiettivo fissato dagli Stati Uniti con l’annuncio odierno della ripresa, il 2 settembre alla Casa Bianca e al piu’ alto livello, dei negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, dopo 19 mesi di interruzione. Annunciando oggi a Washington la ripresa dei negoziati diretti il segretario di Stato Hillary Clinton, con accanto a se’ il negoziatore Usa George Mitchell, ha indubbiamente riacceso le speranze, ma non sara’ facile visto lo scetticismo che prevale sia in Israele sia tra i palestinesi. Per non parlare della mancanza di reciproca fiducia, con tensioni crescenti sugli insediamenti ebraici e su Gerusalemme est.

Il comitato esecutivo dell’Olp venerdì sera ha dato luce verde all’Autorità nazionale palestinese (Anp) per la ripresa di negoziati diretti, confermando la presenza del presidente Abu Mazen il 2 settembre a Washington. Non sono tuttavia mancate riserve e critiche sul fatto che Hillary Clinton abbia parlato di negoziati “senza precondizioni”, come chiesto da Israele. Mentre Yasser Abed Rabbo, un alto esponente dell’Olp, ha ammonito che il mancato congelamento degli insediamenti ”mettera’ in pericolo” il negoziato.

Di fatti in nottata il capo negoziatore dell’Autorità nazionale palestinese, Saeb Erekat, rispondendo indirettamente anche a chi giudica il si’ all’invito americano un cedimento ha schiarito che ”se il governo israeliano decidera’ di annunciare nuovi appalti dopo il 26 settembre (data di scadenza dei 10 mesi della moratoria parziale dei progetti edilizi nelle colonie, ndr), noi non saremo in grado di proseguire i colloqui di pace”, ha dichiarato.

La decisione di accettare l’invito americano ai negoziati diretti – per quanto ormai prevista – non e’ passata del resto senza contestazioni nel fronte palestinese. Accanto a quelle – largamente scontate – di fazioni radicali come Hamas o la Jihad Islamica, che rifiutano di riconoscere a priori il risultato di qualunque trattativa con ”il nemico sionista” e considerano l’iniziativa dell’amministrazione Obama alla stregua di ”un nuovo inganno”, ve ne sono state anche da settori di Al Fatah, il partito laico guidato da Abu Mazen. Mentre l’analista e deputato indipendente Mustafa Barghuti non ha esitato a definire in queste ore ”vergognosa” la dichiarazione di Hillary Clinton.

Israele ha invece accettato immediatamente l’invito, con il governo ”soddisfatto dei chiarimenti americani su discussioni senza precondizioni”. Una frase che alcuni esperti interpretano come una serie di garanzie ottenute da Washington sugli insediamenti. I radicali islamici di Hamas, considerato un gruppo terroristico sia in Usa sia in Europa, hanno detto dal canto loro che tutto ciò non servirà a nulla, anche se i toni del capo di governo di fatto di Gaza, Ismail Haniyeh, sono apparsi meno duri del solito.

I negoziati riprenderanno il 2 settembre alla Casa Bianca sotto l’egida del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Insieme al premier israeliano Benjamin Netanyahu e al presidente dell’Autorita’ Palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmud Abbas) sono stati invitati il presidente egiziano Hosni Mubarak e re Abdallah di Giordania, oltre a Tony Blair, il rappresentante speciale del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu). La sessione del 2 settembre, preceduta da colloqui bilaterali condotti da Obama, sara’ seguita l’indomani da una serie di incontri al Dipartimento di Stato. I protagonisti sono attesi a Washington il primo settembre per una cena alla Casa Bianca. Rispondendo alle domande della stampa, Mitchell ha riconosciuto la difficolta’ degli obiettivi, ha promesso che gli Stati Uniti sono pronti a mediare offrendo ”proposte ponte”, ma ha insistito sul fatto che il calendario e le modalità dei negoziati diretti, oltre a come affrontare le questioni dello ‘status finale’, saranno decise dai protagonisti stessi, Netanyahu e Abbas.

Leggendo la sua dichiarazione odierna, la Clinton ha detto che i negoziati dovranno svolgersi ”senza precondizioni” per portare a ”due Stati che vivano uno accanto all’altro, in pace e sicurezza”, e chiedendo alle parti di ” perseverare e continuare a muoversi anche quando i tempi sono difficili e di continuare a lavorare per raggiungere una pace giusta e duratura nella regione”. L’annuncio della ripresa dei negoziati diretti e’ stato accolto con favore internazionalmente. Il Quartetto, in un comunicato diffuso a New York, ha fermamente appoggiato l’iniziativa, convinto che in un anno ce la si puo’ fare. Da Bruxelles, l’Unione europea ha esortato israeliani e palestinesi a lavorare ”in fretta e tanto”, come ha indicato la responsabile per la politica estera Catherine Ashton. In Italia, il ministro degli esteri Franco Frattini ha parlato infine di ”sviluppo estremamente positivo cui il governo italiano fornira’ tutto il sostegno possibile”.