“Complotto iraniano”: gli Usa accusano Teheran e minacciano guerra

Pubblicato il 12 Ottobre 2011 - 15:37 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – Due iraniani, legati e forse mandati dal governo di Teheran, avevano un piano per uccidere – con la collaborazione dei narcos messicani – l’ambasciatore saudita a Washington, facendo esplodere una bomba in un ristorante dove mangiava. Il piano è stato sventato dall’Fbi: tutta l’operazione è stata raccontata dal direttore dell’Fbi, Robert Mueller e dal ministro della Giustizia Usa Eric Holder. Secondo Mueller, “questo complotto è più originale di una sceneggiatura di Hollywood”, ma soprattutto il ministro Holder sostiene che il complotto è stato “pensato e sponsorizzato da elementi del governo iraniano”.

Gli Usa accusano l’Iran, l’Iran rispedisce le accuse al mittente: “Gli americani sono invidiosi della nostra stabilità economica” e “tentano di distrarre il mondo dalla loro crisi”. Ma c’è un rischio vero di crisi internazionale, che potrebbe portare addirittura alla guerra. “Sul tavolo ci sono tutte le opzioni, e non si può escludere anche una risposta militare”, ha detto il presidente della Commissione parlamentare sulla Sicurezza interna degli Usa, Peter King, citato dalla Cnn. Il presidente Barack Obama ha parlato del piano come di una “palese violazione del diritto Usa e internazionale”. Intanto Holder minaccia sanzioni contro Teheran e il dipartimento di Stato Usa dirama un allarme terrorismo per i viaggiatori americani e allerta in tutti gli aeroporti degli Stati Uniti.

Le indagini erano cominciate a maggio focalizzate su due uomini: Manssor Arbab Arbabsiar, un iraniano di 56 anni che vive ad Austin, in Texas, naturalizzato americano, e Gholam Shakuri, membro della Quds Force, il reparto paramilitare d’élite della Guardia rivoluzionaria che si occupa di operazioni fuori dai confini iraniani, che seguiva l’operazione da Teheran.

L’obiettivo era l’ambasciatore saudita a Washington, molto vicino alla casa regnante. Lo volevano ammazzare mettendo una bomba nel ristorante in cui l’ambasciatore era habitué, senza badare ai “danni collaterali”: col locale pieno sarebbero potute morire decine di persone. L’errore di Arbabsiar è stato quello di chiedere l’aiuto dei narcos messicani. Aveva suggerito a Shakuri di coinvolgerli nell’operazione, dietro ricompensa da un milione e mezzo di dollari: i primi centomila erano già arrivati sul suo conto americano, come anticipo. Il messicano a cui si era rivolto, però, lo ha tradito: era un informatore dell’Fbi, e appena ha sentito il piano ha avvertito le autorità Usa col governo messicano.

L’informatore ha continuato a fare la parte del complice, fino a quando le prove contro i due attentatori non fossero diventate abbastanza certe da consentire l’arresto. Il 29 settembre Arbabsiar è stato arrestato all’aeroporto di New York. Shakuri invece è ancora in Iran. Di qui la crisi internazionale: Shakuri è membro della Quds Force e se l’organizzazione paramilitare fosse davvero coinvolta, difficilmente avrebbe agito senza ricevere ordini dal governo iraniano. Inoltre, secondo il capo dell’Fbi Mueller, i due accusati volevano colpire anche l’ambasciata israeliana e altri obiettivi sul suolo americano. Certo è che Obama sta accusando l’Iran di un fatto gravissimo e a questo deve dare seguito con una reazione di pari gravità.

Guido Olimpio sul Corriere della Sera si chiede quali siano le prove di questo complotto e perché un reparto d’élite come la Quds Force abbia commesso un errore così da dilettanti quale quello di rivolgersi ai narcos messicani, un campo minato di informatori. Tre le ipotesi:

Come spiegare allora mosse così imprudenti da parte degli iraniani? Qualcuno sostiene che una fazione a Teheran abbia voluto creare un caso per riaccendere lo scontro con gli Stati Uniti. E si è affidata all’operativo più facile da usare: Mansor Arbabsiar, residente in Texas, con contatti in Messico e sempre a corto di denaro. In contrapposizione a questa teoria c’è quella che ricorda come gli 007 iraniani non siano sempre perfetti e volendo colpire negli Usa hanno usato una pedina sacrificabile. Poi la più secca: perché stupirsi, hanno tentato e si sono fatti beccare.