Cura dell’Alzheimer: nel 2050 saranno 115 milioni le persone malate nel mondo

di Franco Manzitti
Pubblicato il 1 Marzo 2011 - 10:21 OLTRE 6 MESI FA

GENOVA – E’ come se la vita, la tua vita, passata una soglia fatidica intorno ai 65 anni, spesso l’età della pensione, avesse sempre più possibilità di precipitare in un imbuto nero, una specie di scivolo lento verso il buio. Il buio è la memoria che lentamente si riduce, il tuo computer personale e umano che incomincia a perdere le funzioni, smarrisci la conoscenza delle cose che hai appena fatto, la on going memory, così definita dagli scienziati. Non ti ricordi più cosa hai mangiato a pranzo o a colazione. Perdi alcune inibizioni naturali nei tuoi comportamenti. Non ti ricordi cosa avevi programmato di fare nel pomeriggio. Vedi la tua scrivania piena di carte e non riconosci nulla. Scappi via. Fai un mestiere basato sulla tua parola, sulla tua capacità di comunicare e non sai più che dire, non sai più parlare. Incominci a avere deliri di persecuzione, pensi che i giudici ti perseguitino e ingaggi violente polemiche, ossessive martellanti. Sei avanzato negli anni ma sessualmente non sei mai stato così disinibito, perdi ogni freno. Se ne accorgono i tuoi familiari e avvertono che sei malato…..

Questo è l’Alzheimer, la malattia per la prima volta scoperta da Alois Alzheimer all’inizio del 1900 e subito considerata una forma di demenza senile, una delle diverse forme legate all’avanzamento dell’età. Erroneamente, perchè ti ammali di Alzheimer molto prima, intorno ai trenta anni e non lo sai e i sintomi ti esploderanno molto più avanti nel corso della tua vita, molto più probabilmente se sei donna(perchè il sesso femminile è molto più longevo), molto più probabilmente se conduci una vita sedetaria, alimentarmente disordinata, molto più spesso se soffri di patologie serie come il diabete.

Tu non sai perchè quella mattina di colpo non ti ricordi cosa hai mangiato la sera prima. Non sai perchè inconsciamente assumi atteggiamenti che non facevano parte della tua personalità e se ne accorgono solo i tuoi parenti stretti, quelli che vivono intorno a te. Tu non sai cosa sta succedendo dentro la tua testa, il tuo cervello, il tuo “terzo”cervello, quello umanoide che si è sovrapposto agli altri due, quello rettile e quello mammifero che la evoluzione della tua specie ti ha atrofizzato uno sull’altro dentro la tua scatola cranica….

Davanti a un pubblico silenzioso e impressionato, in una sala storica di un nobile Palazzo Genovese, dove un tempo abitavano i Dogi della Repubblica Marinara, un illustre professore dell’Università di Genova, Guido Rodriguez, direttore della Clinica Universitaria di Neurofisiologia, medico, docente, scienziato che ha scritto centinaia di saggi sull’argomento che inchioda sulle poltroncine i suoi spettatori, parte da questi flash impressionanti per spiegare cos’è la malattia di cui più si parla in questo lato del nostro pianeta, in questa parte del mondo, l’Europa civile e sviluppata, la culla originaria della scienza e della medicina ma oggi, all’alba del Tremila Dopo Cristo, l’ area dell’orbe terracqueo più vecchia del mondo. Qui, nel cuore della Liguria, nell’ombelico di Genova, nel Nord Ovest italiano più spinto, l’indice di invecchiamento, cioè il rapporto tra il numero dei nati e il numero di chi ha superato i sessantacinque anni di età è il più sconsolante dell’intero pianeta.

Malgrado le potenti iniezioni di immigrati e il fatto che oramai su dieci nati almeno tre, quattro, a seconda delle città, siano da madre “straniera”. In questo quadro demografico che sembra un albero con i rami sempre più secchi l’Alzheimer, l’imbuto nero avanza, sottile, invasivo, prepotente anche se i suoi segnali sono progressivi, apparentemente lenti, ma inesorabili. In questa Regione, i malati sono trentamila, in Italia sono già un milione. Gli scienziati americani hanno previsto che nel 2050 la malattia avrà colpito almeno 115 milioni di persone. E’ un calcolo per difetto e viaggia come un siluro con l’innalzamento dell’età media della popolazione che sale vertiginosamente, non solo nel nostro Continente vecchio, ma nel Continente Americano e ora anche in Asia e poi in Africa dove le condizioni di vita stanno progressivamente migliorando.