Scontri nella piazza anti-Mubarak: la sfida all’esercito. Gli Usa pronti a un’alleanza con il “prossimo Egitto”

Pubblicato il 2 Febbraio 2011 - 12:05 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO- Mentre l’esercito grida alla piazza anti-Mubarak di andare a casa, i manifestanti non mollano. Sassaiole e scontri sul lato nord di Piazza Tahrir tra sostenitori e oppositori del presidente Hosni Mubarak, non lontano dal Museo archeologico, hanno riacceso le proteste.

Si sono visti anche uomini a cavallo in borghese ed almeno uno su un cammello puntare al galoppo contro gli egiziani nemici del presidente. Alla Bbc El Baradei ha accusato il governo di usare ”tattiche della paura” contro l’opposizione.

Intanto l’attività del parlamento è stata sospesa in attesa che i tribunali si pronuncino sui ricorsi sull’esito delle elezioni legislative di novembre contestate dall’opposizione.

Il presidente dell’Assemblea del popolo egiziano, Ahmed Fathi Sorour ha annunciato che le riforme costituzionali possono essere fatte in meno di due mesi. Intanto il coprifuoco è stato ridotto di due ore da oggi. Partirà alle 17 e rimarrà in vigore fino alle 8 del mattino.

La disperazione non si ferma così come la voglia di cambiamento del popolo egiziano. ”Continueremo l’Intifada popolare fino alla partenza di Mubarak”ha detto il neoeletto segretario del ‘comitato politico dell’opposizione unità, Abu Al Izz Al Hariri. Vogliamo, ha aggiunto, ”un dialogo vero”.

Come ha scritto il senatore democratico John Kerry sull’International Herald Tribune le proteste degli ultimi giorni hanno segnato uno spartiacque nella storia d’Egitto, perché indietro non si può tornare. Anzi, come suggerisce, si può ripensare a una nuova fase nei rapporti tra Washington e Il Cairo cambiando rotta e passando dopo trent’anni da una visione filtrata da Mubarak a una visione del Paese sulle sponde del Nilo filtrata dagli egiziani. Gli Usa sono pronti a sostenere il “prossimo Egitto”.

In molti hanno criticato la tolleranza degli Usa del regime del rais, ma secondo Kerry va ricordato che Mubarak ha contribuito a creare la pace nella regione, o almeno la stabilità rispetto alle spinte islamiste. Il riferimento è chiaro ed è legato al dopo assassinio del presidente Sadat. Adesso, suggerisce l’Iht, è tempo di cambiare perché per troppo tempo i finanziamenti militari hanno dominato l’alleanza Usa-Egitto, molto più della politica.

Quindi per Obama è già cominciato il dopo-Mubarak, secondo Kerry (che è a capo della Commissione Affari esteri del Senato), perché il presidente egiziano deve ascoltare il suo Paese e capire che la stabilità della sua nazione dipende dal suo volersi mettere da parte. L’esempio per Kerry è proprio quanto avvenne nelle Filippine dopo l’abbandono del potere da parte di Marcos che pose fine alla dittatura schiudendo le porte alla presidenza di Corazon Aquino ed alla democrazia parlamentare.