Egitto, da piazza Tahrir la protesta si allarga ad altri luoghi

Pubblicato il 10 Febbraio 2011 - 12:40 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO – Dalla piazza Tharir del Cairo, la rivolta anti-regime egiziana ha guadagnato altro terreno. I manifestanti hanno stabilito presidi anche in altri luoghi simbolo della città: davanti al Parlamento e davanti alla presidenza del consiglio dei ministri, affermando ancora una volta che non se ne andranno fino a che il presidente Hosni Mubrak rimarrà al potere.

Allo stesso tempo, il vicepresidente Omar Suleiman parla di dialogo come unico viatico per la stabilità, altrimenti, un ”indesiderabile colpo di stato sarà l’alternativa, ma noi cerchiamo di evitare questa opzione”. Il ministro degli esteri Ahmed Abul Gheit ha ammonito dal canto suo che l’esercito potrebbe intervenire per proteggere la sicurezza nazionale, se ”avventurieri” tentassero di prendere il potere.

Ma i promotori della rivolta non sembrano impressionati. ”Andremo avanti fino in fondo. Non vogliamo una mezza rivoluzione. Non vogliamo alcun dialogo con il regime criminale. Ci saranno sempre più piazze Tahrir, ovunque”, ha detto all’Ansa Khaled El Sayed, uno dei dirigenti del movimento giovanile che per primo si è mobilitato organizzando la prima manifestazione della ”collera”, il 25 gennaio.

Ha invitato Mubarak ad andarsene anche lo scienziato egiziano Ahmed Zewail, indicato come uno dei futuri candidati alla presidenza. ”L’Egitto è malato ma non basta l’aspirina, serve un intervento chirugico urgente”, ha detto all’agenzia Reuters. I Fratelli Musulmani, maggior gruppo di opposizione, a loro volta continuano a dire che il presidente Mubarak deve lasciare il potere ma sono invece disponibili a continuare il dialogo per la transizione, avviato la settimana scorsa. ”I veri colloqui per il passaggio dei poteri non sono ancora cominciati”, ha però affermato un dirigente della Confraternita, Essam al-Erian, aggiungendo che ancora ”c’è una lotta sull’ ostinazione di un uomo”.

I colloqui potrebbero riprendere tra qualche giorno, secondo Saad al-Katatny, che ha rappresentato i Fratelli all’incontro dei gruppi dell’ opposizione con Suleiman. Uno de temi in discussione saranno certamente le modifiche costituzionali che la commissione ad hoc ha gia’ iniziato a formulare, tra cui gli articoli che riguardano proprio la presidenza. Ma intanto, diventano sempre più numerose e a macchia di leopardo le manifestazioni e scioperi per rivendicare aumenti salariali o anche case popolari.

Da ieri ce sono state in diverse città del Paese, come Alessandria, Port Said, Suez; oltre che in varie zone della capitale, dove sulla piazza Tharir erano comunque presenti ancora decine di migliaia di persone, pronte a passare lì la loro 16 esima notte. E ieri ci sono state anche nuove violenze, e vittime. Nel Sud, Kharga, un’oasi in mezzo al deserto, dove per disperdere una manifestazione la polizia ha sparato, causando la morte di tre persone e il ferimento di decine d’altre. Una folla inferocita ha poi reagito dando alle fiamme diversi edifici pubblici e due stazioni di polizia.

Il rais, ieri ha invece tenuto un basso profilo, limitandosi solo a far sapere di aver ricevuto l’inviato presidenziale russo per il Medio Oriente, Alexandr Sultanov. Il suo pensiero è però emerso tramite il suo ministro degli esteri Aboul Gheit, che si è  detto ”infuriato” con la prima risposta data dagli Stati Uniti sulla crisi in Egitto e ”sbalordito” per richieste fattegli dal vicepresidente americano Joe Biden di una riforma immediata della legge egiziana sullo stato d’emergenza. Intanto il governo di transizione insediatosi il 31 gennaio ha gia’ perso un pezzo: lo scrittore Gaber Asfur, nominato ministro della cultura, ha annunciato che lascerà l’incarico. Un familiare ha parlato di motivi di salute ma il quotidiano Al Ahram afferma che ha ceduto alle pressioni di alcuni intellettuali suoi colleghi.