Egitto, Zaky non è accusato di terrorismo ma rovesciamento del regime: rischia ergastolo

Egitto, Zaky non è accusato di terrorismo ma rovesciamento del regime: rischia ergastolo
Patrick George Zaky (nella foto Ansa), lo studente arrestato in Egitto rischia il carcere a vita

IL CAIRO – “Non è accusato di terrorismo, ma di un’accusa peggiore: rovesciamento del regime al potere”, Patrick George Zaky, lo studente dell’Università di Bologna arrestato in Egitto. Lo ha detto uno dei suoi avvocati, Wael Ghaly, spiegando che Zaky rischia, secondo la legge egiziana il carcere a vita.

La custodia cautelare, ricorda l’avvocato, “può durare fino a due anni, rinnovata ogni 15 giorni, e talvolta tale detenzione può protrarsi per più di due anni”.

In merito alle prospettive del procedimento a carico dello studente, il legale ha aggiunto: “Mi aspetto un cambio di trattamento. In questo processo interverrà la politica a causa di questo interesse senza precedenti dei media. Vedremo nei prossimi giorni”.

Zaky è stato arrestato nella città natale di Mansoura poche ore dopo il suo sbarco all’aeroporto del Cairo, in arrivo dall’Italia. L’arresto è avvenuto in esecuzione di mandato di cattura emesso lo scorso 23 settembre.

I genitori del giovane denunciano che a lui è stato chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni. “L’hanno interrogato illegalmente per trenta ore. E poi, sì, gli hanno chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni. Dal 2016, di quel ragazzo italiano si parla su tutti i social media e anche Patrick conosceva il caso, se n’era interessato”. I genitori di Patrick sono stati raggiunti nella loro casa egiziana a Mansura da Repubblica e Corriere della Sera, che oggi pubblicano un reportage.

Nei confronti di Patrick “è stato emesso un mandato di comparizione il 24 settembre ma nessuno glielo ha comunicato. Per questo è stato fermato alla frontiera. Lì – evidenzia il legale della famiglia – è stato bendato e portato da qualche parte al Cairo. È stato detenuto e interrogato per 30 ore, torturato. Lo picchiavano e gli chiedevano dei suoi legami con l’Italia e con la famiglia di Giulio Regeni. Patrick non sa nulla di tutto questo: così alla fine lo hanno trasferito qui a Mansura”.

“Nostro figlio stava tornando a casa per festeggiare gli ottimi voti ottenuti e ci siamo ritrovati a portargli cibo e vestiti in prigione. Vogliamo soltanto che torni a casa”, dicono i genitori. “Patrick difende le sue libere opinioni, ma conosce bene i limiti. Siamo una famiglia pacifica, nostro figlio non ha fatto nulla di sbagliato e non è mai stato una minaccia o un pericolo per nessuno, anzi: ha sostenuto e aiutato molta gente”.

“Ce l’hanno fatto vedere domenica. Lo rivediamo giovedì. Solo dieci minuti in parlatorio, assieme agli altri detenuti, presente un agente di polizia”, proseguono i genitori. “Domani portiamo a Patrick i libri. Ha chiesto di studiare, vuole essere pronto per gli esami di marzo. La nostra speranza è questa sua forza”.

Fonte: Ansa

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