Emergency, uno “007” britannico dietro le quinte del raid

Pubblicato il 14 Aprile 2010 - 12:00 OLTRE 6 MESI FA

Gli 007 di Londra avrebbero un ruolo cruciale nel raid contro Emergency a Lashkar Gah, in Afghanistan. A riferirlo sono fonti dei circoli diplomatici a Kabul – citate dal Corriere della Sera – secondo cui c”era almeno un ufficiale dei servizi segreti britannici ai recenti incontri tra l’ambasciatore italiano Claudio Glaentzer e i responsabili afghani dell’ospedale della Ong.

“Testimone scomodo”. Un’ipotesi, questa, che sosterrebbe la tesi secondo la quale gli arresti nell’ospedale di Emergency sarebbero dovuti al ruolo dell’associazione quale testimone scomodo delle violenze perpetrate nel sud del Paese. Ma anche una tesi che appoggerebbe in qualche modo quell’idea di un possibile scontro in atto tra l’attivismo angloamericano  e l’atteggiamento più “attendista” di paesi come Germania, Italia e Spagna che agirebbero nell’area con maggiore cautela. Un atteggiamento criticato ad esempio nel 2007, quando i talebani catturarono due 007 italiani nella zona di Shindand. Allora furono, infatti, proprio gli anglo-americani ad accusare gli italiani di “pagare tangenti” per evitare attacchi nella loro base di Herat. Lo stesso quotidiano Times nel 2009 riprese la vicenda riportando fonti militari inglesi e accusando ancora gli italiani di aver pagato per ottenere la pace nell’area di Sorobi inoltre senza farlo sapere alle truppe francesi, che dopo aver acquisito il comando della regione persero dieci uomini in un’imboscata.

L’avvocato degli italiani Emergency intanto ha designato l’avvocato Afzal Nooristani come difensore dei tre italiani fermati sabato scorso nell’ospedale di Lashkar-Gah. Lo si è appreso dall’interessato. Nooristani, molto conosciuto negli ambienti delle organizzazioni di difesa dei diritti umani, si è riservato di accettare, volendo prima parlare con le persone coinvolte. Il legale incontrerà i responsabili della diplomazia italiana che seguono il caso a Kabul, compreso il consigliere giuridico del ministro degli Esteri Franco Frattini, Rosario Aitala, giunto da poco in Afghanistan.

Le denunce di Strada. Tra le ragioni del raid contro Emergency, ci sarebbero le numerose denunce del fondatore della Ong, Gino Strada, che ha accusato più volte  le truppe nella regione di ostacolare il lavoro dell’associazione. A fine febbraio, era stato proprio Strada, ad esempio, a inviare lettere ai parlamentari italiani in cui imputava la morte di tante persone alle truppe coinvolte nell’offensiva contro la regione di Marjah, che a suo dire avevano impedito l’arrivo dei feriti talebani all’ospedale di Emergency a causa dei numerosi posti di blocco e dei lunghi interrogatori.

Gino Strada si sarebbe poi “inimicato” anche Amirullah Saleh, capo dei servizi segreti afghani, che in un’intervista al Corriere della Sera disse di lui: “E’ un pericolo per la sicurezza del Paese”, chiedendone “l’arresto immediato” nel caso si trovasse a Kabul.

Nell’entourage di Emergency non viene sottovalutata nemmeno la circostanza che Marco Garatti, il chirurgo dei tre arrestati, era uno dei mediatori del sequestro di Gabriele Torsello che fu rapito nell’ottobre 2006. I tabulati delle telefonate acquisiti nel corso delle indagini effettuate all’epoca dai carabinieri del Ros rivelano che era proprio lui a ricevere le telefonate dal mediatore Rahmatullah Hanefi — all’epoca responsabile dell’ospedale di Lashkar Gah—e girare poi le informazioni a Gino Strada e al sito internet dell’organizzazione Peacereporter.

E forse è proprio per aver rivestito questo ruolo che le autorità di Kabul hanno deciso adesso di disporre il suo arresto. Fu Strada, due anni fa, a svelare che per ottenere la liberazione di Torsello furono pagati due milioni di dollari messi a disposizione dal governo italiano.

A confermare questa ipotesi ci sono le perplessità espresse dal diretto interessato, lo stesso reporter Torsello. “C’è qualcosa che non va nel personale, afgano o pakistano, che lavora in Emergency. E lo ha detto anche lo stesso Strada, le armi può averle messe qualcuno che lavora lì.”