Erdogan: “Altri paesi coinvolti nel golpe”. Turchia, 3 mesi stato di emergenza

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Luglio 2016 - 23:21 OLTRE 6 MESI FA
Erdogan: "Altri paesi coinvolti nel golpe". Turchia, 3 mesi stato di emergenza

Erdogan: “Altri paesi coinvolti nel golpe”. Turchia, 3 mesi stato di emergenza

ANKARA – “Potrebbero esserci altri paesi coinvolti” nel fallito golpe in Turchia. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in un’intervista alla tv satellitare al-Jazeera, pronosticando che in agguato “possono esserci altri piani”. Il presidente turco ha anche avvisato che le purghe sono tutt’altro che finite: “Nei prossimi giorni avremo altri nomi” di persone arrestate, “ma nel rispetto della legge, perché siamo un Paese democratico”.

Il tutto prima di annunciare che il Consiglio di Sicurezza Nazionale (Mgk) ha deciso di adottare lo stato di emergenza in Turchia per 3 mesi, in base all’articolo 120 della Costituzione, per “affrontare rapidamente” le minacce legate al fallito golpe. “Non si tratta di una decisione contraria alla democrazia – ha aggiunto – al contrario serve a garantirla”.

Il sultano ha poi invitto “il popolo e il mondo dell’economia a non preoccuparsi, perché la Turchia uscirà da questa situazione ancora più forte” e ha ammonito Standard & Poor’s a non occuparsi della Turchia.

In tv Erdogan ha raccontato che ad avvisarlo del golpe è stato “mio cognato”. “All’inizio non ho preso la minaccia sul serio, ma appena l’intelligence ha verificato il pericolo, abbiamo lasciato l’hotel (di Marmaris, sulla costa egea) in sicurezza con il ministro dell’Energia e siamo arrivati a Istanbul”.

“Non ho mai lasciato la Turchia – ci tiene a far sapere – E’ assolutamente falso che io abbia chiesto asilo in Germania. Si tratta di affermazioni fatte solo per dipingermi in difficoltà”. Poi snocciola i numeri terribili delle vittime durante la calda notte di venerdì scorso: “Abbiamo perso 246 persone, compresi quelli travolti dai tank, e 1.500 feriti. Come possono continuare a dire cose contro di me?”

In ogni caso Erdogan si dice forte della solidarietà Usa. “Il Presidente Obama mi ha detto che è dalla nostra parte e ci sostiene contro il tentato golpe. Le reazioni del nostro Stato non sono basate sulle emozioni ma sulla ragione. Continueremo a mostrare la stessa solidarietà con gli Usa”. E su Gulen, l’uomo accusato ripetutamente di essere dietro al Colpo di Stato, aggiunge: “Provvederemo a fornire agli Usa tutti i documenti e aspetteremo la decisione dei tribunali americani sull’estradizione di Gulen”.

Intanto la resa dei conti nel Paese prosegue inesorabile. Il ministero della Difesa ha avviato un’indagine su tutti i giudici e procuratori militari, sospendendone al momento 262. In manette sono finiti anche due giudici della Corte costituzionale

Proseguono senza sosta le purghe nel mondo dell’istruzione. Il ministero dell’Educazione ha annunciato di aver sospeso altri 6.538 dipendenti, dopo i 15.200 già allontanati ieri e i 21 mila a cui è stata tolta la licenza per insegnare nelle scuole private. Lo riporta la Cnn Turk.

Il rettore dell’Università di Gazi ad Ankara, Suleyman Buyukberber, è stato arrestato, poco dopo essere stato rimosso dal suo incarico. Dopo centinaia di allontanamenti, si tratta del primo arresto noto di un accademico a seguito del fallito golpe.

Ci sono notizie di “estese torture” contro militari detenuti in isolamento presso la centrale di polizia di Ankara. Lo scrive su Twitter Andrew Gardner, analista di Amnesty International esperto di Turchia, che denuncia una repressione di proporzioni eccezionali anche sulla stampa, proprio mentre i giornalisti cercano di indagare sui misteri del golpe. Almeno 24 radio e tv considerate vicine a Gulen sono state chiuse, mentre venivano ritirati gli accrediti stampa di 35 reporter e arrestato il direttore del giornale Meydan, Levent Kenez. Bloccata anche la diffusione del settimanale satirico Leman, tra i più letti in Turchia, colpevole di aver più volte ricordato i legami storici tra Erdogan e Gulen, prima della rottura del 2013.

Dopo quasi 60 mila epurazioni e 10 mila arresti, per le strade della Turchia, la tensione continua a crescere. “Feto (Gulen, ndr), cane del diavolo, impiccheremo te e i tuoi cani al vostro stesso guinzaglio”, recita in queste ore un gigantesco striscione a piazza Taksim a Istanbul, appeso dalle folle pro-Erdogan sulla facciata del centro culturale Ataturk, un tempo fortino della rivolta anti-governativa di Gezi Park. A fianco, due maxi ritratti proprio del presidente turco.