Filippine, strage sul bus a Manila: teste di cuoio uccidono ex agente, morti 9 ostaggi

Pubblicato il 23 Agosto 2010 - 18:11 OLTRE 6 MESI FA

E’ finita con almeno nove morti tra cui il sequestratore armato, dopo 12 ore con il fiato sospeso e un pasticciato blitz delle teste di cuoio in mondovisione. Per un pullman di 22 turisti di Hong Kong e tre filippini, l’ultimo giorno a Manila si è tramutato in un’odissea nelle mani di Rolando Mendoza, un ex ispettore di polizia modello che con questa azione intendeva chiedere il reintegro, dopo un licenziamento che riteneva ingiusto.

Iniziata tra l’ottimismo delle autorita’ filippine, la vicenda è però peggiorata con il passare delle ore, fino al punto di non ritorno. Mendoza, 55 anni, si era impadronito del mezzo intorno alle 9 di mattina (le 3 in Italia) presso il Quirino Grandstand, il piazzale dove i neoletti presidenti filippini pronunciano il loro giuramento. Armato almeno di un fucile M-16, ha dimostrato da subito di fare sul serio. Comunicava con messaggi per iscritto esposti dai finestrini: ”Un grande errore per una grande decisione sbagliata”, aveva detto all’inizio, minacciando poi ”roba grossa” e ”un grande stallo” dopo le 15. La polizia era però riuscita a stabilire una linea telefonica con l’uomo, senza dare l’impressione di forzare i tempi. Progressivamente, dalla mattinata il sequestratore aveva liberato nove ostaggi, tra cui tre bambini. L’ultimatum è passato indenne. Ma la situazione – con a bordo ancora 15 turisti cinesi e l’autista – è precipitata nelle ore successive.

Il difensore civico che lo scorso gennaio aveva disposto il licenziamento di Mendoza – con l’accusa di estorsione per 350 euro ai danni dello chef di un hotel di lusso, per di piu’ costretto ad ingoiare un sacchetto di metamfetamine – aveva preparato una lettera da consegnare all’ex agente, pluridecorato e nel 1986 nominato tra i ”dieci migliori poliziotti del Paese”. L’intenzione della missiva era, nelle parole del vicesindaco Isko Moreno, di ”illuminare” Mendoza. Ma il fratello e il figlio si sono rifiutati di fare da intermediari, incoraggiando l’uomo a resistere; ne è seguito un parapiglia quando sono stati arrestati dalla polizia. Subito dopo, all’interno del pullman sono stati esplosi alcuni colpi. A una radio locale, Mendoza ha rivelato di aver ucciso due turisti, minacciando di fare una strage completa. Mentre sulla zona iniziava a calare il buio, sotto una pioggia torrenziale, all’autista filippino è  stato invece concesso di uscire.

L’uomo è  scappato di corsa dal pullman, raccontando che i turisti erano tutti morti. Non era così, ma a quel punto le forze speciali hanno circondato con circospezione il pullman, dal quale non sembravano provenire segnali di vita. Gli iniziali, timidi, tentativi di salire a bordo – prima dalla porta laterale, poi dal retro – non sono stati portati avanti fino in fondo. Mendoza era ancora vivo: lo si è capito quando ha sparato una raffica verso l’esterno, ferendo un bambino di 10 anni appostato centinaia di metri più in là. La sua, ormai, era però una battaglia persa. Le teste di cuoio hanno lanciato anche alcuni lacrimogeni dai finestrini infranti, si sono sentiti nuovi colpi. Pochi minuti dopo il sequestratore sporgeva esanime dalla porta dell’autobus – non è ancora chiaro se sia stato ucciso o si sia suicidato.

Il blitz era comunque concluso: alcuni turisti sono usciti dal pullman a piedi, visibilmente sotto shock. Lo sono anche le Filippine, che già si portavano dietro la reputazione di non essere un Paese sicuro per i turisti. Nella mattinata di oggi, in un episodio non collegato, a Manila era già stato ucciso un sudcoreano; la missione vendicativa dell’ex agente modello e una risposta delle forze dell’ordine già definita incompetente sui forum online, hanno fatto il resto. Sono cose che i turisti asiatici, particolarmente sensibili al tema della sicurezza, tendono a ricordare a lungo.