TEL AVIV – “Sei gay? Vieni in vacanza in Israele”, lo slogan campeggia su una foto di due bei ragazzi a torso nudo: uno è tatuato, l’altro sorride all’obiettivo. A fianco a loro c’è un sole stilizzato “Tel Aviv endless summer”. E’ un invito quello dell’Ente del Turismo israeliano che ha deciso di mettere Tel Aviv sulla piazza dei viaggi omosessuali, quindi come destinazione gay friendly.
Israele non ha bloccato la campagna, i manifesti sono diffusi, su internet la notizia circola tranquillamente. E’ una pubblicità di Stato che a Gerusalemme forse non avrebbero messo, ma che vuole dimostrare che gli israeliani sono aperti e non bigotti.
La Anti Defamation League, gruppo di pressione ebraico negli Stati Uniti ha vantato l’iniziativa, perché sostiene che Israele sia una perla bianca in Medioriente nel rispetto dei diritti dei gay. Eppure questa immagine solare che lo Stato Ebraico vuole dare di sé è stata smontata come fosse un puzzle, pezzetto per pezzetto, da Sarah Schulman sul New York Times.
La professoressa sostiene che non si tratta altro che di un’operazione di marketing, una campagna chiamata “pinkwashing”, per lavare le macchie di Israele: l’avversione ai musulmani e la “violazione dei diritti dei palestinesi”.
Si tratterebbe di una strategia dunque, secondo la Schulman, per dimenticare anche un passato in cui i gay venivano respinti dagli ebrei ortodossi anche alle commemorazioni dell’Olocausto.