IL CAIRO – Giulio Regeni, l‘Egitto respinge le accuse: “Il suo omicidio è un atto criminale. Non è stato imprigionato da alcuna autorità egiziana”, tuona il ministro dell’Interno del Cairo, Magdi Abdel Ghaffat, in conferenza stampa dal quartier generale della sicurezza nazionale egiziana. Ma i segni sul corpo del ricercatore friulano di 28 anni dicono ben altro: gli sono state mozzate entrambe le orecchie nella parte alta, strappate un’unghia di una mano ed una di un piede e sul corpo ci sono decine di piccoli tagli. Tutti particolari tipici degli interrogatori che le decine di diversi apparati di sicurezza egiziani praticano senza andare per il sottile in nome della lotta al terrorismo.
Il ministro Ghaffar sostiene che Regeni non sia trattato come una spia ma “come se fosse italiano”.
“Tutti i nostri apparati si concentrano in gran parte a risolvere questo caso. Respingiamo tutte le accuse e le allusioni ad un coinvolgimento della sicurezza”, ha detto ancora il ministro.
E poi ha attaccato i media, quegli organi a cui anche lo stesso Regeni collaborava:
“Sono deprimenti per noi le voci che sono state pubblicate dai media. L’apparato della sicurezza non è stato mai accusato di commettere atti simili. Siamo scontenti di queste voci nei confronti di un apparato che è conosciuto per la sua trasparenza e non è la nostra politica”,
ha aggiunto riferendosi implicitamente all’uccisione con torture subite da Regeni. Anche se chi ha conosciuto per esperienza personale le carcere egiziane racconta che le torture e le sevizie sono all’ordine del giorno con gli oppositori politici.
Ma il governo egiziano mostra una naiveté sorprendente e dice:
“Siamo stati informati il 27 gennaio e da allora lavoriamo su questo caso. Tutte le ipotesi sono possibili in questo caso: non si è in grado di dire se si tratti di un atto criminale o terrorista perché si è nella fase della raccolta delle informazioni”.
E poi, quasi a voler puntare il dito contro Giulio Regeni:
“C’è bisogno di tempo perché la vittima aveva ampie relazioni con diversi egiziani e si spostava in più posti”, ha detto inoltre il ministro. “Mettiamo la delegazione italiana al corrente degli sviluppi delle indagini”, ha confermato il ministro.
Intanto emerge che né il telefonino né il passaporto di Giulio Regeni sono stati trovati dagli inquirenti che indagano sulla sua morte. Entrambi gli oggetti personali potrebbero essere stati distrutti, o comunque fatti sparire, dai responsabili dell’omicidio di Regeni.
Intanto, il team di carabinieri e polizia che si trova al Cairo è in attesa di entrare in possesso della documentazione dell’inchiesta egiziana: gli investigatori hanno chiesto di acquisire ogni atto – testimonianze, tabulati telefonici, rilievi – e l’auspicio è che la consegna possa arrivare nell’arco di 24-48 ore. Prima di allora, spiega la fonte, sarebbe azzardato avanzare ogni ipotesi.
(Nel video YouTube la fiaccolata per Giulio Regeni a Fiumicello)