Gb, servizi segreti a rischio inchiesta per torture in Pakistan

Pubblicato il 27 Febbraio 2010 - 14:34 OLTRE 6 MESI FA

La sede principale dei servizi segreti britannici

L’MI5, sigla che identifica i servizi segreti  inglesi che operano sul territorio nazionale, potrebbe finire sotto inchiesta penale per le torture subite da cinque cittadini britannici, illegalmente detenuti in Pakistan. A renderlo noto è un articolo di David Leppard pubblicato sul sito del quotidiano britannico Times.

Secondo quanto riportato dal giornalista, il procuratore generale, baronessa Patricia Scotland, principale consulente legale del governo, sta studiando il caso da oltre dieci settimane e potrebbe presto chiedere a Scotland Yard di aprire un’inchiesta penale nel caso in cui le prove raccolte contro l’agenzia di spionaggio giustificassero l’invio del fascicolo alla polizia.

Un’eventualità che paralizzerebbe l’MI5 e distruggerebbe la posizione e la reputazione del suo capo, Jonathan Evans, in carica dal 2007, ma all’epoca dei fatti responsabile della sezione G che si occupava di terrorismo internazionale.

Non è difficile capire come mai i servizi segreti temano ora una delle più gravi crisi della loro centenaria storia. Scotland Yard ha, in passato, ha dimostrato di prendere seriamente le
accuse di torture. Lo scorso anno ordinò, infatti, un’indagine su due casi in cui un agente del MI5 e uno del MI6 (l’agenzia di spionaggio per l’estero della Gran Bretagna) sarebbero stati implicati nelle torture subite da Binyam Mohamed, un ex-detenuto di Guantanamo, e da un altro residente britannico, illegalmente detenuto in Pakistan nel 2002.

Nelle scorse settimane è inoltre emerso che la polizia sta esaminando un terzo caso, quello di Shaer Aamer, un prigioniero di Guantanamo la cui famiglia vive a Londra.

I cinque casi che potrebbero finire sul tavolo di Scotland Yard non sono ancora stati esaminati singolarmente, ma Ali Dayan Hasan dell’associazione Human Rights Watch sostiene che i funzionari pakistani abbiano le prove della collusione dei servizi inglesi nelle torture.

Se il “sospetto” venisse confermato, l’MI5 verrebbe completamente travolto dalla bufera scatenatasi già nelle scorse settimane, quando l’Alta corte di Giustizia britannica ha costretto il governo a pubblicare un dispaccio di intelligence proveniente dalla Cia dal quale si evince che il cittadino inglese di origine etiope Binyam Mohamed, su cui anche Scotland Yard aveva appunto aperto un’indagine, è stato ripetutamente torturato.

Il tribunale ha, infatti, respinto la richiesta del governo inglese di non divulgare il dispaccio per non compromettere la cooperazione antiterrorismo con gli Usa. Secondo i sette paragrafi letti in tribunale, Mohamed fu sottoposto a “trattamento disumano e degradante”, che includeva privazione del sonno, ammanettamenti e minacce, che gli hanno provocato “sofferenze e stress mentale”.

Mohamed, rilasciato l’anno scorso in quanto estraneo ai fatti addebitatigli, fu arrestato in Pakistan nel 2002. Secondo la sua deposizione fu torturato sia a Karachi sia in Marocco, dove fu detenuto prima di essere trasferito nella base di Guantanamo.

Mohamed, che all’epoca dell’arresto aveva solo 23 anni, ha riferito che le domande a lui poste durante gli interrogatori potevano solo provenire dai servizi di sicurezza inglesi. Che, dal canto loro, non hanno mai negato esplicitamente la partecipazione indiretta ai maltrattamenti, per esempio accettando rivelazioni dagli Stati Uniti chiaramente ottenute attraverso torture.