Hawa, la ginecologa somala sfida le milizie islamiche e chiede aiuto all’Italia

Pubblicato il 20 Maggio 2010 - 18:25 OLTRE 6 MESI FA

Hawa Abdi Dhiblawe

E’ considerata la “paladina delle donne”  perché in Somalia  Hawa Abdi Dhiblawe è la prima ginecologa che ha avuto il coraggio di sfidare le milizie islamiche più estremiste per curare le donne in difficoltà alla periferia di Mogadiscio. E per fare questo adesso Hawa lancia un appello: “Chiediamo aiuto all’Italia perchè noi somali siamo abituati sin da piccoli a vivere con voi. Aiutateci a riaprire l’ospedale di Afgoye saccheggiato dai miliziani islamici perchè al momento non possiamo più lavorare”.

Nonostante il sud della Somalia sia controllato quasi esclusivamente dalle milizie dei Giovani Mujahidin (Shabab), vicini ad al-Qaeda, e dal Partito islamico somalo (Hizb al-Islami) anch’esso di estrazione salafita, la ginecologa ha deciso di non abbandonare il suo paese ed è rimasta in Somalia a svolgere il suo lavoro di medico, affrontando con coraggio le minacce degli estremisti. Dal piccolo villaggio di Afgoye, 20 chilometri a sud di Mogadiscio, dove si trova il suo ospedale, Hawa è riuscita a mettersi in contatto con Aki – AdnKronos International attraverso il quale ha lanciato un appello al governo italiano.

“I miliziani del Partito islamico che avevano occupato la scorsa settimana il nostro ospedale se ne sono andati – ha spiegato – ora l’edificio è ritornato sotto il nostro controllo e ci sono anche delle guardie che lavorano con noi che ci proteggono”. Ma la situazione resta difficile. “Il problema – ha aggiunto – è che durante l’incursione, i miliziani islamici hanno rubato tutto: soldi, medicine e attrezzature. In questo momento l’ospedale è vuoto. Non ho più una sala operatoria nè altro e quindi non posso lavorare”. Ecco perchè “chiedo all’Italia di inviarci aiuti medici e di fare pressioni sulla comunità internazionale per garantire maggiore sicurezza al nostro ospedale e permetterci di lavorare”.

Lo scorso 5 maggio, un gruppo di uomini armati somali ha fatto irruzione, occupato e saccheggiato, la clinica che opera nel corridoio di Afgooye. Una struttura che cura in particolare donne che hanno avuto complicazioni durante il parto, e persone colpite dalla malnutrizione e dal colera che sta infettando tutta la regione.

Gli uomini della formazione armata salafita avevano infatti assaltato l’ospedale accusando alcune sue guardie di essere implicate nell’omicidio di uno dei loro leader. La scorsa settimana anche il deputato somalo, Omar Burale, aveva lanciato un appello a nome del Parlamento chiedendo ai miliziani di porre fine all’occupazione dell’ospedale di Hawa. Secondo alcune fonti l’assalto dei miliziani islamici, tra i quali sono stati visti diversi ragazzini, ha provocato la morte di quattro persone.

La ginecologa somala, titolare dell’ospedale, era stata sequestrata per alcune ore e poi rilasciata dietro il pagamento di un riscatto. Di questo Hawa preferisce non parlare, perchè ancora scossa dalla terribile esperienza, ma è decisa più che mai a riprendere il suo lavoro. “Fino a poco tempo fa avevano più di 100 posti letto – ha spiegato orgogliosa – ed al momento dell’incursione avevamo 70 persone ricoverate, in buona parte donne”.

Sessantatrè anni Hawa parla perfettamente italiano visto che ha frequentato una scuola italiana a Mogadiscio. “Sono cresciuta con gli italiani, parlo la loro lingua sin da quando avevo 3 anni. Lo stesso è stato per tutte le persone della mia generazione e per questo che ho deciso di lanciare questo appello agli italiani, sono gli unici che possono aiutarci”.

Laureata in medicina in Ucraina, Hawa oltre a curare i pazienti dell’ospedale, gestisce un appezzamento di terreno di 470 ettari che con il finanziamento della cooperazione italiana è stato coltivato a verdura, banane e mais per sfamare la popolazione locale. La ginecologa nel 2007 è stata nominata ‘Donna dell’anno’ dal sito informativo locale ‘Hiiraan.com’, diretto dal giornalista somalo Salaad Xiis. Hawa è stata la prima dottoressa che ha dedicato la sua vita ad aiutare il popolo somalo, ma sicuramente non sarà l’ultima: accanto a lei lavorano infatti anche le due figlie, Amina Mohamed Abdi e Deqa Mohamed Abdi, entrambe laureate in medicina negli Stati Uniti.