Successo della campagna americana per esportare la democrazia in Iraq: esploso il mercato del porno

Pubblicato il 29 Agosto 2010 - 02:21 OLTRE 6 MESI FA

Come misurare il livello di sicurezza e libertà in Iraq? Semplice: osservando la disponibilità di porno sul mercato. A lanciare la provocatoria tesi è Tarek El-Tablawy dell’Associated Press (Ap).

Attraverso un’assidua frequentazione dei mercati di Baghdad, il giornalista ha notato che «la presenza di porno, sorprendentemente, riflette la situazione politica del Paese, fin dall’uscita di scena di Saddam Hussein nel 2003.

I dvd hard sono spuntati come funghi sui banchetti dei commercianti nel periodo di vuoto politico che ha seguito l’invasione americana, per poi sparire nuovamente nel 2008, quando in una situazione di totale anarchia le milizie armate spadroneggiavano nella capitale, colpendo qualunque cosa considerassero immorale».

Oggi, continua il giornalista, i dvd porno sono tornati ad essere esposti in bella vista sui banchetti, un po’ perché il governo ha altre cose di cui preoccuparsi, un po’ perché molti siti internet hard sono stati censurati.

La cosa buffa è notare quanto gli Stati Uniti siano riusciti a esportare meglio la retorica della “liberazione” nelle pellicole a luci rosse, più che nel Paese reale.

Le recensioni dei dvd porno in vendita, ironizza infatti il sito americano Jezebel, farebbero eccitare qualsiasi neocon, a cominciare da George W. Bush e dai suoi falchi.

Il sito arabic-porn-blog.thumblogger.com, per esempio, pubblicizza così uno dei suoi video: «Dopo essere stata oppressa a lungo dal proprio Paese, quando questa ragazza si è finalmente sentita libera, ha dato di matto!».

E ancora: «È un peccato che nella maggior parte dei Paesi mediorientali le donne non possano nemmeno mostrare il proprio volto! Il mondo si sta perdendo un sacco di bellezze per colpa di queste differenze culturali! Dai un’occhiata a questa ragazza araba super-sexy per esempio! Ha un viso bellissimo e prima di scappare dal proprio Paese non poteva mostrarlo! Ora invece mostra molto di più… guarda questi filmati per vedere la sua patatina araba cavalcare un pene gigantesco!».

Certo, a un’indagine più attenta, molte di queste sedicenti pornostar mediorientali rivelano ben altri natali. Aaba bin Sheikh, per esempio, risulta registrata all’anagrafe brasiliana come Monica Mattos. Ma dal momento che è la “fantasia” quella che conta, nessuno sembra protestare troppo. Anche perché la maggior parte di questi siti non si rivolge a un target di spettatori musulmani.

Fa eccezione MuslimPornStars.com, che fin dalla home page ammonisce i credenti “Niente porno per i fratelli musulmani durante il Ramadan!!!”. E, per dare un po’ più di “spessore” all’attività, fonde abilmente sesso e politica, presentando così la propria pornostar di punta: «Questa ragazza sta fondando un sito per promuovere la causa palestinese. E’ molto famosa tra la comunità bengalese, dove è rispettata per la sua dedizione all’Islam e ad Allah. E’ altresì molto rispettata tra gli amanti della vagina e del culo, per la sua dedizione alle fantasie sessuali». Il modo migliore per unire l’utile al dilettevole.