La Cina e il “suo” Illuminismo. Cronaca di una mostra a Pechino

Pubblicato il 22 Aprile 2011 - 08:48 OLTRE 6 MESI FA

PECHINO – La Cina riscopre l’Illuminismo, ma solo dal punto di vista artistico. Il Museo Nazionale di Cina è il più grande museo del mondo, affacciato sulla piazza più grande del mondo, la celebre Tienanmen. Dopo anni di restauri innovativi, coordinati da un pull di celebri architetti tedeschi, lo spazio espositivo ha mostrato al mondo il suo nuovo aspetto. All’interno i cittadini ed i turisti di Pechino potranno ammirare una mostra che rappresenta per certi aspetti strani e paradossali simbolismi agli occhi dei critici. Dal primo aprile le sale del palazzo ospitano un’imponente esposizione dedicata all’Illuminismo, il periodo storico che, nella mentalità europea, rappresenta l’affermarsi dei principi di tolleranza politica e religiosa e del principio del contratto sociale.

La mostra è, in primo luogo, un evento politico sino-tedesco. E’ la Germania, infatti, ad aver curato l’esposizione, ad aver prestato alcuni dei tesori delle prestigiose collezioni di Dresda, Berlino e Monaco, ed è sempre la Germania ad aver finanziato l’evento, con una fattura che si eleva, tra partecipazioni private e statali, alla cospicua somma di 10 miliardi di dollari. L’inaugurazione dell’evento è stata perfino il pretesto di una riunione ai più alti livelli, con il Ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, appositamente recatosi a Pechino per tagliare il nastro.

L’ironia della sorte ha voluto che l’inizio dell’esposizione sull’Illuminismo coincidesse con una fase repressiva da parte del governo cinese. Gli esempi liberali delle rivolte arabe hanno difatti fatto salire il livello di guardia del paranoico regime comunista che ha lanciato in questi mesi una campagna preventiva per la repressione del dissenso. Il 3 aprile, due giorni dopo l’inaugurazione, l’attivista Ai Weiwei, uno dei più rinomati critici del monopartitismo cinese, è stato fermato dalla polizia, ultimo di una lunga lista di arresti e custodie. La circostanza non ha mancato di accendere la fiamma dell’indignazione nella democratica Germania, dove qualche voce si è levata dalle colonne dei giornali per una cancellazione della mostra in segno di protesta. Presto lo sdegno è però rientrato, di fronte agli imperativi alla Realpolitk della politica tedesca. I curatori della mostra tedesca hanno congiuntamente scritto una tribuna su un celebre quotidiano difendendo la cultura del dialogo anche quando “ci sono problemi”.

Se la Germania non ci trova molto da ridire, e chiude un occhio, la reazione delle autorità cinesi è ancora più istruttiva. Alti ufficiali cinesi, sollecitati dalle domande dei giornalisti stranieri, hanno affermato di non vedere “nessuna contraddizione” tra una mostra che celebra l’illuminismo e uno stato monopartitico e che non tollera il dissenso. « La Cina – afferma Donc Junxin, del Ministero della Cultura – attraversa in questi anni una forma di Illuminismo». Questa età dei lumi però, precisa il funzionario è «guidata passo dopo passo dal partito comunista, e non parte dal basso».

Le diverse interpretazione della realtà storica rivelano la discrepanza tra le possibili rappresentazioni della storia. Il catalogo della mostra è istruttivo al riguardo. Uno spazio importante è dedicato alla storia delle mentalità, della vita quotidiana, o alla storia della tecnica. Da nessuna parte, si troveranno i grandi artefici del nuovo pensiero politico. A quanto pare nessuno ha voluto pensare a mettere dietro il vetro di una bacheca, o a menzionare in un paragrafo, testi come il Traité sur la tolérance di Voltaire, dei Delitti o delle pene di Beccaria, o il Contratto Sociale di Rousseau.