Indonesia, l’eruzione Merapi come quella del Vesuvio su Pompei

Pubblicato il 5 Novembre 2010 - 19:30 OLTRE 6 MESI FA

Una nuova strage ha colpito l’Indonesia, dopo il sisma, lo tsunami e l’eruzione vulcanica degli scorsi giorni. Il vulcano Merapi è tornato a colpire nella notte l’isola di Giava: quasi 80 persone sono state uccise nelle ultime ore dalla nube di cenere e lapilli e dalle colate laviche, portando ad oltre 120 il bilancio totale delle vittime dallo scorso 26 ottobre, data in cui il vulcano è tornato in attività. Tra i morti anche una decina di bambini sotto i dieci anni, mentre feriti e ustionati sono centinaia e quasi duecentomila gli sfollati.

La maggior parte delle vittime è concentrata nel villaggio di Argomulyo, che dista 18 chilometri dal cratere, a quasi 3 mila metri d’altezza. Dopo la nuova, fortissima eruzione della notte, nel villaggio molte persone sono state sorprese nel sonno dalle colate di lava e fango che hanno avvolto gli edifici, penetrando nelle abitazioni e facendone crollare decine.

La colonna di cenere e lapilli eruttata dal Merapi si innalza per chilometri ed ha oscurato anche la città di Yogyakarta, a circa trenta chilometri, nel cui ospedale vengono trasportati i feriti e le salme dei morti.

L’eruzione, che ha avuto inizio poco dopo la mezzanotte locale, è stata ”la più potente” da quando il vulcano è entrato in fase eruttiva il 26 ottobre, hanno riferito i vulcanologi incaricati di monitorare l’attività del Merapi. Anzi, hanno aggiunto, ”vedendo la quantità di materiale vulcanico emesso, questa eruzione è anche peggiore di quella del 1930”, che causò la morte di 1.400 persone. Per questo motivo, le autorità indonesiane hanno deciso di estendere a 20 km l’area da evacuare attorno al cratere, il doppio rispetto al raggio di 10 km stabilito all’inizio della settimana.

La fuga dei residenti e le operazioni di evacuazione hanno comunque causato scene di caos. Dalle moto ai camion, ”tutti i mezzi di trasporto a disposizione sono stati utilizzati per portare la gente lontana”, ha riferito un responsabile dei soccorsi, Widi Sutikno.

Oltre 160mila persone hanno trovato rifugio in scuole, edifici amministrativi e nello stadio di Yogyakarta, che ha una capienza di 30.000 posti a sedere. Il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha mobilitato anche un reggimento dell’esercito per partecipare alle operazioni di soccorso e fornire aiuti.

Coperto di cenere, l’aeroporto internazionale di Yogyakarta è stato chiuso fino a domani e il ministero dei Trasporti ha stabilito una ‘no flying zone’ di almeno 12 chilometri nei cieli attorno al vulcano.

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