Iran. Nutella bar nel mirino censura, vietate le insegne straniere

Pubblicato il 19 Agosto 2016 - 19:31 OLTRE 6 MESI FA
Un Nutella bar

Un Nutella bar

IRAN,TEHERAN – No ai Nutella Bar in Iran. Non perché la nota crema italiana di cacao e nocciole non sia buona – del resto tutto ciò che ha nome italiano è popolarissimo in quel Paese – ma perché i negozi che offrono ‘crepes’ al cioccolato hanno un nome straniero e il presidente dell’Accademia della lingua e letteratura persiana – l’equivalente dell’Accademia della Crusca – ha scritto al comandante della polizia avvertendo che le insegne straniere per negozi e pubblici esercizi sono vietate.

In alternativa ha suggerito un nome in farsi, ‘Pane caldo, cioccolata calda’, pur lasciando i gestori liberi di sceglierne un altro che ritengano più adeguato.

A prendere nelle scorse settimane l’iniziativa, di cui ha riferito l’agenzia Mehr, è stato Gholam-Ali Haddad-Adel – un politico ultraconservatore già presidente del Parlamento e candidato alle presidenziali del 2013, vinte da Hassan Rohani – che nel suo ruolo di capo dell’Accademia ha richiamato le forze dell’ordine al loro dovere di far rispettare una legge di 20 anni fa e che obbliga imprenditori e commercianti alla scelta di nomi persiani per le loro insegne: una norma a difesa della lingua, eredità di una civiltà millenaria, prima ancora che della moralità pubblica pur citata dalle legge.

In realtà, nonostante il divieto, nelle strade di Teheran e di altre città iraniane non è difficile vedere insegne in caratteri latini e con nomi stranieri, perlopiù di grandi marchi – da Apple a Ikea, da Armani a Liu-Jo – non ufficialmente autorizzati dalle case madri  i cui rivenditori ugualmente fanno grandi affari in Iran. Ma a finire nel mirino sono stati proprio i Nutella Bar, sorti quasi come funghi nell’ultimo anno, apprezzati in particolare per le colazioni e che servono sia vera Nutella che un prodotto analogo importato dalla Turchia.

I persiani hanno sempre temuto contaminazioni della loro lingua indo-europea, a cominciare da quelle giunte con gli arabi – gli invasori del VII secolo, che portarono l’islam nella patria del zoroastrismo e che imposero anche il loro alfabeto. Ma a temere le influenze occidentali era stato anche lo Shah Reza Pahlavi, che aveva imposto la sostituzione delle parole occidentali con quelle persiane. Operazione riuscita solo in parte, se è vero che tuttora si usa la parola francese ‘merci’ (benché senza accento finale) al posto di ‘grazie’.