Isis su whatsapp, sms, twitter: è il Cyber Caliphate

di redazione Blitz
Pubblicato il 23 Novembre 2015 - 17:09 OLTRE 6 MESI FA
Isis su whatsapp, sms, twitter: è il Cyber Caliphate

Isis su whatsapp, sms, twitter: è il Cyber Caliphate

ROMA – Whatsapp, iMessage, Twitter, Skype, Telegram, persino la chat del network della playstation: i terroristi del cosiddetto Stato Islamico estendono il loro dominio alla rete e fanno proseliti, mandano minacce e attaccano il nemico anche sul web.

Dai social alle app per chattare, sono sempre di più i network usati da quello che viene definito Cyber Caliphate, che compie veri e propri attacchi informatici sulla falsa riga di Anonymous. 

L’ultimo, firmato con il nuovo nome di Islamic State Hackers, attraverso alcuni profili Twitter ha iniziato a pubblicare inidirizzi e numeri di telefono di agenti dei servizi segreti e militari americani, compresi i vertici di Cia ed Fbi, spiega Carola Frediani sulla Stampa, che scrive:

“E’ probabile che molti di questi dati siano vecchi: in ogni caso sembrano un riferimento al famoso attacco del Cyber Caliphate agli account social del comando americano Usa Centcom, avvenuto nel gennaio 2015.  Secondo alcuni osservatori l’allora Cyber Caliphate era guidato da Junaid Hussain, un britannico che dopo aver hackerato diversi profili eccellenti in Gran Bretagna si era unito all’Isis in Siria. Hussain sarebbe però stato ucciso da un drone lo scorso agosto. Da allora l’ala hacker dell’ISIS sembrava aver perso molta consistenza. Ora, dicono in questa campagna mediatica sviluppatasi online nelle ultime ore, “siamo tornati”. Molti i profili Twitter che linkano account sulla app Telegram; prende quota anche la pubblicizzazione del sito Isis comparso nel Dark Web pochi giorni fa”.

E se Telegram resta una delle app preferite, meno usate dai terroristi jihadisti sono altre come WhatsApp, Line e Viber, considerate meno protette. Meglio, secondo loro, Wickr, Threema, Surespot e Signal, che tengono di più alla privacy dei propri utenti e mantengono protette le conversazioni.

Anche nel caso degli attentati di Parigi, ricorda Marta Serafini sul Corriere della Sera, i terroristi francesi hanno comunicato tra loro e con i vertici Isis in Siria attraverso messaggi cifrati, forse a gesti in video. Ancora ignoto il mezzo, ma la modalità pare certa. Inoltre i terroristi prima di entrare in azione, con kalashnikov o giubbotti esplosivi, si sono scambiati degli sms, forse per coordinare i tempi.

Scrive Serafini sul Corriere della Sera:

“In tanta incertezza, un dato certo c’è. Isis è  il gruppo terroristico più avanzato a livello tecnologico. Non è un caso che la divisione cyber del Califfato abbia tentato di creare un suo social network (Kilafahbook). E non è certo per gioco che negli ultimi mesi sono stati diffusi manuali scritti e video in inglese e in arabo per spiegare alle reclute come evitare di essere rintracciati. «Così possiamo eludere il controllo dei crociati», scriveva un jihadista in rete. In febbraio nel Califfato sono stati messi al bando gli iPhone perché considerati troppo vulnerabili sotto il profilo della tracciabilità. Inoltre Isis ha stilato una vera e propria classifica delle app sicure e di quelle a rischio. Nel primo gruppo rientrano Wickr, Threema, Surespot e Signal. A renderle più appetibili è infatti una caratteristica che di per sé è gradita a tutti. A differenza di WhatsApp, Line e Viber, privilegiano la privacy dei loro utenti e mantengono su un livello protetto le conversazioni.

È però su Telegram che si è tenuta la maggior parte delle comunicazioni dello Stato Islamico. Su questa chat dagli inizi di ottobre sono comparsi centinaia di canali, in diverse lingue, che in poche ore hanno raggiunto anche 10 mila follower (almeno quelli che abbiamo potuto consultare). Fotografie, comunicati, messaggi, fatwe e i nomi dei fratelli morti. Anche le  rivendicazioni del disastro aereo del Sinai sono passate da qui.

(…) I colossi del web, Facebook in testa, hanno messo in campo una potenza di fuoco per rimuovere dalle proprie pagine i proclami e gli account che inneggiano al Califfato. Il rischio di diventare “piattaforme della jihad” perdendo utenti e inserzionisti era troppo alto per aziende votate al profitto. Twitter stesso, i cui dipendenti e il cui fondatore sono stati minacciati di morte da Isis, ha deciso di mutare linea rispetto al passato. E  ha iniziato a chiudere a tappeto gli account jihadisti utilizzando degli algoritmi (le cui formule vengono mantenute segrete) che permettono di individuare automaticamente attraverso una serie di parole chiave i profili più rischiosi. Secondo gli analisti, questa forma di censura non sembra però funzionare.

Pensare però che le comunicazioni più importanti del Califfato avvengano attraverso le app che tutti quanti conosciamo è da ingenui. Come in ogni organizzazione terroristica del mondo, anche Isis ha una sua gerarchia. Chi appartiene alle fasce più basse comunica attraverso chat più o meno criptate. Chi sta nella fascia intermedia, come i terroristi di Parigi, magari usa qualche accorgimento in più (e solo alla fine dell’operazione comunica via sms). Ma è chiaro come per i vertici i mezzi a disposizione siano di ben altro tipo molto più difficili da intercettare, anche per potenti macchine di spionaggio come quella americana. Troppo facile infatti altrimenti sarebbe prenderli, considerato anche che si tratta di un pugno di uomini. Canali satellitari costruiti ad hoc, reti del tutto chiuse e comunicazioni via VPN e Tor: più si sale di grado e più gli scambi avvengono su canali sofisticati. Nel  deep web, la rete nascosta, i terroristi trovano anche facilmente programmi spia attraverso i quali tenere d’occhio dissidenti e nemici”.