Il cargo “Rachel Corrie” si avvicina a Gaza, si teme nuovo scontro con Israele. E Teheran alza la voce

Pubblicato il 4 Giugno 2010 - 13:00 OLTRE 6 MESI FA

La nave Rachel Corrie

La nave irlandese Rachel Corrie, una delle sei della Freedom Flotilla, continua ad avanzare verso Gaza, e nella serata di venerdì 4 giugno potrebbe raggiungere la zona di interdizione di 20 miglia imposta da Israele.

La portavoce della missione Free Gaza, Greta Berlin, ha detto che l’obiettivo delle nave rimane quello di consegnare gli aiuti direttamente ai palestinesi, anche se nei giorni scorsi il ministero degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha ribadito che alla nave sarà impedito l’accesso a Gaza.

A bordo del cargo ci sono 19 attivisti (cinque irlandesi, sei malesi, sei filippini, un britannico e un cubano), un carico di cemento, equipaggiamenti medici, giocattoli e carta per scrivere. Della missione fanno parte la premio Nobel irlandese Mairead Maguire e l’ex vice segretario dell’Onu Denis Halliday.

In un’intervista alla televisione araba Al Jazira, Berlin ha detto che “Non abbiamo avuto ancora contatti con gli israeliani e al momento siamo tranquilli perché speriamo che capiscano che la nostra è una nave che trasporta solo aiuti umanitari e non vogliamo la violenza”.

Nella mattinata del 4 giugno i contatti via satellite hanno smesso per qualche ora di funzionare e gli organizzatori della Freedom Flotilla hanno accusato Israele di sabotaggio.

Ogni attacco da parte di Israele vedrebbe anche la pronta reazione di Teheran, che ha già fatto sapere che “Ogni altra aggressione spingerà ulteriormente il regime sionista verso la distruzione”.

“Il regime sionista è il più importante strumento del dominio mondiale e la sua caduta significa la caduta della colonna portante dell’arroganza”, ha dichiarato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che ha aggiunto che “presto saranno organizzati migliaia di nuovi convogli diretti a Gaza che porteranno libertà alla nazione palestinese, dopo aver annientato i sionist”i.

Lieberman, da parte sua, ha detto di aver proposto al ministero degli esteri dell’Irlanda di mettere a disposizione degli attivisti a bordo della nave Rachel Corrie un corridoio terrestre fra il porto israeliano di Ashdod e la vicina striscia di Gaza, attraverso il quale potrebbero inoltrare gli aiuti umanitari.

“Abbiamo un’unica condizione – ha aggiunto. – Che alla Croce Rossa internazionale sia consentito di visitare il caporale Ghilad Shalit” da quattro anni prigioniero di Hamas a Gaza senza che nessuno, ad eccezione delle sue guardie, abbia mai potuto visitarlo.

Lieberman ha paragonato gli ultimi sviluppi politici in Turchia, e in particolare le posizioni visceralmente anti-israeliane adottate nell’ultimo anno dal premier Recep Tayyp Erdogan, a quanto avvenne in Iran con la rivoluzione Komeinista.

In entrambi i casi la nuova leadership ha trovato utile, anche per fini interni, troncare in maniera netta i precedenti legami di amicizia con Israele. Lieberman ha quindi affermato che il governo turco è stato coinvolto “in modo pieno” nella organizzazione del viaggio della Marmara verso Gaza.

Implicitamente ha lasciato intendere che le autorità turche non potevano in alcun modo ignorare la presenza a bordo della nave di decine di passeggeri che secondo Israele erano mercenari reclutati da organizzazioni islamiche impegnate nella Jihad, la guerra santa islamica.