Israele spaccato sul digiuno dei detenuti palestinesi. “Alimentarli è tortura”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Giugno 2014 - 14:57 OLTRE 6 MESI FA
Israele spaccata sul digiuno dei detenuti palestinesi. "Alimentarli è tortura"

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Foto Lapresse)

GERUSALEMME – I detenuti palestinesi fanno lo sciopero della fame e Israele si spacca: imporre l’alimentazione forzata o no? Il premier Benjamin Netanyahu lo vorrebbe: ha già annunciato una legge per far sì che i carcerati vengano nutriti a forza. Ma la principale Associazione dei medici d’Israele è contraria: “l’alimentazione forzata è una forma di tortura”, denunciano i dottori, chiarendo che loro non si presteranno a questa pratica.

Ormai, riferisce Fabio Scuto su Repubblica, sono oltre ottanta i carcerati palestinesi ricoverati in ospedali israeliani che continuano a rifiutare il cibo. Sono tutti “detenuti amministrativi”: in cella senza accuse, senza processo, senza possibilità di appello. Basta l’ordine scritto di un ufficiale per essere condannati

Scrive Scuto:

“Nelle carceri dello Stato ebraico, dati dell’Israel Prison Service, ci sono 5.330 palestinesi, fra loro oltre 200 in “detenzione amministrativa”. Ci sono quotidiane dimostrazioni in appoggio alla protesta, le famiglie dei detenuti sostengono questo digiuno nonostante i rischi. «Mio marito è in carcere senza sapere perché e questo incubo deve finire», dice Lamees Faraj del marito Abdel Razeq, militante di un piccolo gruppo dell’Olp, che ha passato in detenzione amministrativa 8 degli ultimi 20 anni.

«E’ contro il Dna dei sanitari forzare il trattamento su un paziente », spiega la portavoce Ziva Miral dei medici israeliani, «l’alimentazione forzata è una tortura, e non possiamo avere dottori che partecipano a una tortura». Dello stesso avviso il Consiglio Nazionale di Bioetica israeliano e la World Medical Association, il coordinamento mondiale delle associazioni mediche nazionali”.

Nonostante le critiche Netanyahu avrebbe fatto sapere di avere dei medici disponibili all’alimentazione forzata, come fanno gli americani a Guantanamo Bay con i detenuti jihadisti. Ma i palestinesi si dicono pronti a ricorrere prima all’Onu e poi alla Corte di Giustizia dell’Aja.