La figlia del boss mafioso John Gotti si confessa in Tv: ”Mio padre era un killer”

Pubblicato il 26 Settembre 2009 - 13:46| Aggiornato il 17 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

Che il ”Dapper Don” newyorchese, John Gotti ”l’elegantone”, fosse il temutissimo ex-capo della famiglia mafiosa di Carlo Gambino responsabile dei più famigerati crimini nella storia recente non è una novità. Quello che invece ha suscitato scalpore è la ”confessione” rilasciata durante un programma televisivo della CBS dalla figlia quaranteseienne Victoria, scrittrice di romanzi gialli, la quale senza battere ciglio ha detto di fronte alle telecamere: ”Mio padre era un assassino”.

Lo racconta il diffusissimo settimanale americano ”People”, che pubblica una foto della biondissima e ancora affascinante Victoria, soffermandosi sui dettagli della sua intervista. “Lo adoravo come uomo, ma ero profondamente disgustata dalle sue scelte e dal suo stile di vita”, racconta la Gotti, durante l’intervista a 48 Hours Mystery, che andrà in onda sabato.

“Come si può provare adorazione per quel tipo di vita? Come si può pensare che sia foriero di gloria?”, si chiede, rivelando poi che passava le notti “sveglia a piangere” e a chiedersi: “tornerà a casa papà? Finirà di nuovo in prigione? Sarà ferito? O, peggio ancora, ucciso?”.

John Gotti, che a un certo punto della sua ”carriera” era diventato quasi un personaggio leggendario, ha ispirato, tra gli altri, il personaggio di Joey Zasa nel film Il Padrino – Parte III di Francis Ford Coppola e il boss Johnny Sack nella celebre serie televisiva I Soprano. Morto di cancro alla gola in prigione, nel 2002, i suoi funerali furono uno sfarzo di corone di fiori e lussuose limousine che sono sfilate a Mulberry Street – il cuore del quariere Little Italy a Manhattan – tra ali di folla che piangevano e invocavano il suo nome per la ”beneficenza” che il gangster aveva distribuito.

Dopo essersi guadagnato anche il soprannome Teflon Don, per la sua inattaccabilità da parte della polizia, lo perse nel 1992, quando fu finalmente condannato per 13 omicidi, inclusa l’esecuzione a sangue freddo del suo predecessore, Paul Castellano, fuori da una steakhouse di New York, nel migliore stile dei regolamenti mafiosi. L’agguato tra la folla dell’ora di cena fu talmente rapido che i poliziotti si accorsero di Castellano riverso per terra in una pozza di sangue quando Gotti e i suoi erano già fuggiti in macchina.

Ma Castellano è solo un episodio, sebbene negli ‘annali” della mafia sia passato alla storia: un potente boss ucciso a rivolverate nel cuore di Manhattan non è una faccenda di tutti i giorni.

Ma Gotti è considerate la mente di una serie quasi infinita di crimini, quali la sparizione e probabile omicidio nel 1980 del vicino di casa John Favara, il quale aveva accidentalmente investito e ucciso il figlio dodicenne di Gotti, Frank. E’ proprio in merito a questo episodio che Victoria, allora 18enne avrebbe chiesto a suo padre di “fare giustizia”. “Tutti ti considerano un tipo duro. Come puoi accettare che qualcuno abbia ucciso mio fratello?” ricorda di aver detto al padre. E aggiunge, “Lui mi guardò e mi disse: “E’ stato un incidente’”. Poi fece la pelle a Favara,  il cui corpo non è mai stato più ritrovato.

Victoria, che recentemente ha avuto problemi economici, sta per rivelare i dettagli della sua vita in una famiglia mafiosa in un nuovo libro intitolato ”This Family of Mine: What It Was Like Growing Up Gotti” (Questa mia famiglia: cosa ha significato crescere come una Gotti), un’autobiografia che sostiene di aver scritto con la benedizione del padre, il quale le chiese solo una cosa: “Non farmi apparire come un chierichetto. Perché non lo sono mai stato”.