La Somalia muore di fame, ma gli islamisti dicono no agli aiuti dell’Onu

Pubblicato il 22 Luglio 2011 - 19:49 OLTRE 6 MESI FA

(Foto LaPresse)

GINEVRA, 22 LUG – Gli estremisti islamici Shabaab che controllano parte del territorio della Somalia non sembrano più disposti ad accettare il ritorno delle organizzazioni umanitarie espulse l’anno scorso. Ma le Nazioni Unite, che si stanno mobilitando per portare aiuti ad una popolazione somala stremata da siccità, violenze e fame, non sono pronte ad arrendersi: ”Questa è un’emergenza estrema ci sono migliaia di bambini, donne e uomini che stanno per morire e dobbiamo reagire. Continuiamo a fare il nostro programma. La zona è vasta forse arriveremo in alcune zone ed altre no, vedremo”, ha detto a Ginevra la portavoce del Programma alimentare mondiale (Pam), Emilia Casella. ”Al Shabaab non è un’organizzazione monolitica”, ha aggiunto Casella, precisando di non aver visto la dichiarazione del portavoce dei ribelli islamisti.

L’annuncio ostile degli Shabaab è giunto due giorni dopo l’innalzamento del livello d’allarme per la siccità del Corno d’Africa e la decisione dell’Onu di definire una vera e propria carestia la grave situazione alimentare in due regioni della Somalia meridionale.

”L’accesso alle organizzazioni umanitarie resta proibito nelle zone della Somalia sotto il controllo degli Shabaab”, ha affermato un portavoce dei miliziani integralisti islamici, negando l’esistenza della fame nel sud del Paese come dichiarato dall’Onu.

”I gruppi che erano stati vietati in precedenza non sono i benvenuti per lavorare nelle zone sotto nostro controllo”, ha detto Sheikh Ali Mohamud Rage, portavoce del movimento affiliato ad Al Qaida. Secondo Rage ”C’è solo siccità” e ciò ”che ha dichiarato l’Onu è falso al 100%. E’ una dichiarazione politica”.

Nei giorni scorsi, un alto responsabile degli Shabaab aveva invece accolto con favore la mobilitazione delle Nazioni Unite. Altro segnale, difficile da interpretare, il rilascio oggi della ministra del governo di transizione somalo rapita ieri dagli Shabaab. La ministra è in parte libera, ma i ribelli le hanno detto di rimanere a casa della sua famiglia e di non lasciare Balad”, ha precisato un membro del suo clan familiare sotto anonimato.

”E difficile sapere quale gruppo sta parlando e che zona controlla – ha detto Casella – stiamo lavorando con il coordinatore dell’Onu. Abbiamo bisogno di un accesso sicuro a queste zone e siamo pronti ad agire adesso”, ha insistito. In particolare il Pam pianifica la distribuzione di cibo per 175 mila persone nella regione di Gedo, nel sud alla frontiera con il Kenya e l’Etiopia. Aiuti sono previsti anche nella regione di Afgooye, vicino a Mogadiscio, nei prossimi giorni cominceremo una distribuzione per 40mila persone, ha aggiunto.

L’allarme è altissimo. L’Unicef stima che 780mila bambini rischiano di morire in tutto il Corno d’Africa senza un’assistenza urgente e che 2,23 milioni di bambini in Etiopia, Kenya e Somalia sono gravemente denutriti. Prosegue inoltre l’esodo dalla Somalia: secondo gli ultimi dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ogni giorno, oltre 1.500 rifugiati somali stremati continuano a giungere in Kenia nei campi profughi di Dadaab, per un totale di 60 mila dall’inizio dell’anno. Anche nella vicina Etiopia, gli arrivi dei Somali in fuga continua al ritmo di centinaia al giorno con un totale di 78mila arrivi da gennaio.