Libia. Allarme kamikaze aerei su Italia e Egitto: “Sono carcasse”

Pubblicato il 1 Agosto 2014 - 13:04 OLTRE 6 MESI FA
Libia. allarme kamikaze aerei su Italia e Egitto: “Sono carcasse”

Libia, guerra continua. Tutti scappano, gli italiani presidiano

ROMA – La Libia è letteralmente in fiamme, ma l’Italia resta a presidio degli interessi nazionali: alla invasione dei clandestini si aggiunge un nuovo rischio: quello dei voli kamikaze. Gli italiani per ora minimizzano, danno credito all’informazione che gli aerei caduti in mano alla Jihad siano fuori uso e non ci sia il pericolo di voli mirati sulla Sicilia per fare strage ma gli egiziani, altro potenziale bersaglio del neo proclamato Califfato di Bengasi, sembrano prendere ben sul serio la minaccia.

Scappano gli autori del disastro in Libia, Francia, America e tutti gli altri occidentali, tranne Italia, Malta, Gran Bretagna, Romania e Ungheria, mentre Tripoli brucia. Secondo Carlo Mercuri sul Messaggero

“negli scontri delle ultime due settimane ci sono stati oltre 200 morti e più di 400 feriti. Gli stranieri fuggono, è troppo pericoloso restare. Chiudono le ambasciate, una dopo l’altra. Giovedì hanno lasciato il suolo libico francesi, tedeschi, spagnoli e cinesi. Gli americani sono andati via prima. Si usano tutti i mezzi, per fuggire: navi civili, navi militari, aerei militari. Si fugge anche via terra, dalla frontiera tunisina. Una delegazione della Ue è stata fatta passare in Tunisia. Le sole ambasciate che restano aperte sono quelle di Italia, Malta, Gran Bretagna, Romania e Ungheria”.

I jihadisti annunciano di aver preso Bengasi:

“È emirato islamico”

Continua la battaglia per il controllo dell’aeroporto di Tripoli. I servizi segreti di Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto, riferisce Carlo Mercuri, sono allarmati.

“In particolare quelli del Cairo, che hanno preso sul serio l’ipotesi, ventilata dagli algerini, che i jihadisti possano usare aerei libici per attentati suicidi. L’aeroporto della Capitale egiziana ha portato lo stato di allerta al più alto livello e sono state impartite istruzioni di trattare «con il massimo della forza» qualsiasi aereo che violi le procedure di accesso allo scalo.

Fonti di Intelligence occidentali riferiscono invece che i 10 aerei civili fermi sulla pista dell’aeroporto di Tripoli e caduti in mano alle milizie islamiche non sono in grado di volare perché danneggiati dai bombardamenti. Forse è per questo che l’Italia non ha innalzato i propri sistemi di difesa anti-aerea”.

Perché l’Italia resta in Libia accettando di correre rischi notevolissimi? Lo hanno spiegato il primo ministro Matteo Renzi:

«Restare in Libia significa tentare di avere un ruolo su alcune delle questioni geopolitiche più importanti dei prossimi anni, come pace, sicurezza e immigrazione»;

il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli:

«Non ci si può permettere di avere una seconda Somalia alle porte di casa. Siamo impegnati 24 ore su 24 affinché la Libia abbia un governo. Chi parla con i nuovi interlocutori sul campo se tutti vanno via?»;

Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione esteri del Senato:

«Noi ci siamo e ci vogliamo rimanere. Ma l’Onu deve prendere immediatamente l’iniziativa di una missione internazionale». Il rischio della somalizzazione della Libia resta tuttavia altissimo, nonostante gli sforzi dell’Italia. Il nostro Esercito ha addestrato alcuni reparti di quello libico per supportare meglio, quanto a sicurezza, l’operato del governo di Tripoli».

Il punto, sottolinea Carlo Mercuri, è:

“esiste un governo a Tripoli? Nessuno Stato mostra più alcun interesse ad intervenire militarmente in Libia, a cominciare dagli Usa. L’Italia è rimasta tra i pochi Paesi a credere nella riattivazione di un processo politico che porti alla stabilizzazione del Paese”.