Love Parade, l’accusa di Bertolaso: “In Italia non sarebbe mai successo”

Pubblicato il 25 Luglio 2010 - 18:38 OLTRE 6 MESI FA

Guido Bertolaso

Prende subito le distanze dalla tragedia accaduta in Germania: ”In Italia non sarebbe mai successo”. Guido Bertolaso ha guardato le immagini della tragedia alla Love Parade di Duisburg, ha letto i primi resoconti sulla stampa e si è subito fatto un’idea precisa. Il responso?: ”E’ un caso da manuale – dice all’Ansa – di tutto quello che non si deve fare quando si organizza un raduno del genere”. In Italia, aggiunge, non sarebbe mai accaduto.

”Se si prevedono non migliaia, ma diverse centinaia di migliaia di persone – osserva il capo della Protezione civile – parliamo di numeri impressionanti, che presuppongono un’adeguata esperienza in materia e la capacità di gestire grandi folle: una cosa difficilissima che non si inventa e non è nella disponibilità di chi organizza concerti”.

Il sottosegretario ne approfitta per togliersi un sassolino dalla scarpa. Forse, spiega, ”oggi qualcuno si renderà conto del perché in Italia è la Protezione civile a gestire i grandi eventi: quella legge è stata voluta proprio per garantire al meglio la sicurezza delle persone”. Bertolaso dimentica che la polemica nata sull’organizzazione della Protezione Civile riguardava la dicitura “Grandi Eventi” che accorpa le grandi emergenze (dai terremoti alle catastrofi naturali, fino ai concerti come quelli di Duisburg) a Eventi che di necessario e urgente hanno ben poco, come gli appalti finiti sotto inchiesta per il G8 della Maddalena.

Quello di Duisburg, prosegue il capo della Protezione civile, ”è stato un grande evento, per il quale occorreva organizzare al meglio tutti gli aspetti relativi alla sicurezza della gente, non all’ordine pubblico e invece, in un Paese simbolo della buona organizzazione è accaduta questa tragedia”.

Una tragedia, secondo Bertolaso ”per la quale non è corretto scaricare le colpe sugli organizzatore o sulle autorità locali: quando ci sono manifestazioni che prevedono numeri così elevati devono intervenire quelli che sanno come si fa, anche se sono eventi privati”.

Ecco quindi il ‘modello italiano’, inaugurato nel 2000 con la Giornata Mondiale dei giovani nell’area di Tor Vergata a Roma, primo grande evento gestito dalla Protezione civile. ”Era stimato l’arrivo di 700mila persone – ricorda il sottosegretario – ma noi abbiamo organizzato le cose in modo da essere pronti ad accoglierne fino a 2 milioni: avevamo previsto 27 vie di accesso a raggiera per arrivare a Tor Vergata, nonché una serie di isole con servizi essenziali: assistenza sanitaria, desk informazioni ragazzi, punto ristoro con acqua”.

Altrettanto positivo, aggiunge all’elenco, ”il bilancio dei funerali di Papa Wojtyla a San Pietro, con il rigoroso controllo delle strade da parte dei nostri volontari e vie di fuga nelle strade verso la Basilica per il fiume di pellegrini e piccoli ospedali da campo”.

E, per Bertolaso, non conta che i partecipanti a un rave siano meno tranquilli dei pellegrini. Anzi, afferma, ”proprio perché l’evento poteva essere considerato a rischio, bisognava essere ancora più rigorosi e severi nell’organizzazione”. Ma non è andata così. ”Sembra – osserva – che ci fosse un solo accesso con un tunnel al palco. Ma come si fa a costringere centinaia di migliaia di ragazzi a passare attraverso il tunnel che è l’antitesi della via sicura in caso di situazione critica?”.

In un caso del genere in Italia, sostiene, ”il prefetto della città convoca un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che esamina l’organizzazione dell’evento predisposto dalla società privata. Se il piano è viziato da carenze e lacune, come è il caso di Duisburg, non viene autorizzato”. Questo, sottolinea, ”è un modello che da noi ha funzionato e si è dimostrato in grado di tutelare la vita delle persone”.