Marea nera nel Golfo del Messico. Processo a BP rinviato al 5 marzo

Pubblicato il 27 Febbraio 2012 - 11:55 OLTRE 6 MESI FA

NEW ORLEANS, STATI UNITI – A quasi due anni dalla disastrosa marea nera che ha avvelenato il Golfo del Messico, tutto era pronto in un tribunale di New Orleans per il processo alla Bp, il colosso inglese del settore energetico su cui incombe l’ipotesi di un risarcimento da record nella storia dei disastri ambientali.

L’avvio era previsto per lunedi, ma all’ultimo minuto e’ stato deciso un rinvio, di una settimana, per dare piu’ tempo alle parti di trovare un accordo extragiudiziale.

Secondo quanto hanno annunciato in un comunicato congiunto le parti in causa, il rinvio al 5 marzo è stato deciso di comune accordo, affinche’ possano continuare le trattative gia’ avviate tra la BP e gli avvocati delle circa 116 mila parti lese del settore privato. In caso contrario, si procedera’ in un’aula del tribunale, dove si avra’ una battaglia a colpi di miliardi di dollari, con in prima linea uno squadrone di avvocati, autorità pubbliche e dirigenti Bp che si contenderanno la cifra per il saldo finale che dovrebbe chiudere il capitolo di quello che il presidente americano Barack Obama ha definito “il peggiore disastro ambientale a cui il Paese abbia mai dovuto far fronte”.

La marea nera fu causata dall’incidente alla piattaforma della BP Deepwater Horizon il 20 aprile 2010. Vi morirono 11 persone e in mare finirono tra i tre e i cinque milioni di barili di petrolio. La fuoriuscita di greggio fu bloccata solo dopo 86 giorni. Secondo gli esperti finanziari, il risarcimento a carico della Bp potrebbe oscillare tra 15 e 30 miliardi di dollari. Se non trovera’ un accordo prima, la società sembra avere al momento due opzioni: valutare un megarisarcimento oppure affidarsi ad un giudice federale che tenga in considerazione le deposizioni invece del parere di una giuria.

Se il giudice optasse per la colpa grave a carico della Bp, per il colosso inglese si aprirebbe lo scenario disastroso del pagamento di un risarcimento da 52 miliardi di dollari tra multe e indennizzi. “Qualunque sia la decisione – ha commentato Eric Schaeffer, direttore dell’Environmental Integrity Project di Wasshington – il caso della marea nera passerà alla storia come il disastro ambientale più costoso di sempre, superando di gran lunga quello causato della Exxon Valdez nel 1989, quando una petroliera dell’ExxonMobil si incagliò nel golfo di Alaska disperdendo in mare oltre 40 milioni di litri di petrolio”.

Secondo quanto ha detto nei giorni scorsi alla Cnn l’amministratore delegato della BP Bob Dudley, il gigante dell’energia britannico e’ pronto a risolvere la questione fuori dal tribunale, ma allo stesso tempo si sta ”preparando vigorosamente per il processo”.

All’epoca l’ExxonMobil versò al governo americano un miliardo di dollari in risarcimento. Secondo il Clean Water Act, la legge federale contro l’inquinamento delle acque, l’inquinante deve pagare un minimo di 1.100 dollari per ogni barile versato, e la cifra quadruplica per le compagnie ritenute colpevoli di colpa grave. Secondo la legge, la Bp sarebbe quindi debitrice dai 5 ai 21 miliardi di dollari, ma il nocciolo della questione è stabilire se la Bp possa essere accusata di colpa grave.

Inoltre, secondo l’Oil Pollution Act, che previene le fuoriuscite di petrolio in mare, le compagnie sono obbligate a ripulire ciò che hanno sporcato. In tal caso, la Bp dovrebbe pagare 31 miliardi di dollari, o 148 dollari a barile, per risarcire il danno all’ecosistema. Resta poi ancora aperta anche la questione degli oltre 110 mila abitanti della zona e delle attività commerciali distrutte che ancora non hanno raggiunto un accordo con la Bp e che hanno tempo fino al 20 aprile 2013 per reclamare la loro fetta. La Bp si è impegnata per ora a pagare 20 miliardi di dollari di danni e ad oggi ha sborsato sette miliardi.