Marea nera, Obama è arrivato in Louisiana. Almeno 3 mesi per tappare le falle

Pubblicato il 2 Maggio 2010 - 08:06 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama,appena arrivato a Venice, nel cuore della zona colpita dalla marea nera sul delta del Mississippi, incontrerà la popolazione locale. A Venice Obama si recherà al quartier generale della Guardia Costiera locale, prima di rilasciare una dichiarazione al pool di giornalisti che lo segue nei viaggi.

Intanto è arrivato anche lo stop ufficiale alla pesca, sia commerciale che sportiva, per dieci giorni, con un ordine arrivato dalle autorità federali. Il petrolio continua a sgorgare incontrollato dal pozzo Bp e un esperto prospetta uno scenario da incubo: la macchia di greggio che avanza portata dalla corrente del Golfo potrebbe arrivare in Atlantico. Il ministro degli Interni, Ken Salazar, non ha usato mezzi termini ai microfoni della Cnn: “La situazione è potenzialmente catastrofica”.

Secondo il ministro ci potranno volere tre mesi per scavare il pozzo di petrolio aggiuntivo che dovrebbe servire a fermare la marea nera che sgorga un un pozzo Bp danneggiato nel Golfo del Messico: il secondo pozzo è una delle soluzioni proposte da Bp per fermare la perdita.

“Il nostro lavoro è di tenere il fiato sul collo a Bp perché tenga fede alle sue responsabilità che hanno sia per legge che contrattualmente. Devono fermare la perdita”, ha continuato Salazar. “E’ una società da molti miliardi di dollari e il governo degli Stati Uniti non risparmierà sforzi per far sì che ogni risorsa che hanno sia messa a frutto”, ha detto Salazar secondo cui “non c’é dubbio” che il meccanismo che avrebbe dovuto prevenire perdite di petrolio dal pozzo danneggiato non ha funzionato.

Intanto la British Petroleum, la società proprietaria della piattaforma petrolifera, cerca di difendersi. Doug Suttle, il Chief Operating Officer della Bp ha detto al New York Times che il colosso petrolifero ha “usato praticamente tutti i mezzi che aveva. Non ci sono molte altre risorse nel mondo da impiegare contro una perdita come questa”.

Ma le polemiche per il comportamento di Bp non di fermano: il colosso britannico del petrolio, che non aveva messo in conto la possibilità di un incidente come quello della Deepwater Horizon, adesso è a corto di soluzioni e ha chiesto aiuto alle società rivali perché diano una mano a risolvere l’emergenza che, secondo gli esperti, sarà peggio di quella della Exxon Valdez. La Guardia Costiera ha ammesso ieri che è “impossibile quantificare” il petrolio uscito dalle falle provocate dall’affondamento della piattaforma petrolifera esplosa il 20 aprile.

Secondo un crescente numero di esperti, la macchia di petrolio è triplicata negli ultimi due giorni, il che potrebbe indicare che a 1.500 metri sotto il mare la perdita è aumentata di intensità. E se, come ha previsto Hans Graber, oceanografo del Center for Southeastern Tropical Advanced Remote Sensing dell’Università della Florida, la marea nera dovesse essere intercettata dalla corrente del Golfo, il disastro arriverebbe nel sud della Florida e da lì sulle coste atlantiche dello Stato: secondo Graber “non è più questione di se ma è questione di quando”.